La Spagna è scossa da un nuovo scandalo. Bankia, la banca nata dalla seconda più grande cassa di risparmio del Paese (Caja Madrid), come si sa ora è pubblica. Il piano di salvataggio del 2011 ha infatti portato alla nazionalizzazione e il controllo da parte dello Stato ha reso possibile sapere che 86 dirigenti della banca, per sette anni, hanno avuto a disposizione carte di credito “opache” per il fisco con spese per 15 miliardi di euro. Una cifra alta, ma comunque inferiore ai 22 miliardi utilizzati per il salvataggio. Sicuramente più elevata è l’indignazione sociale: le persone che hanno ricevuto questo denaro non avevano alcuna cultura finanziaria, ma aveva ricevuto le carte di credito per il semplice fatto di appartenere a importanti partiti politici e sindacati. Tutto questo succedeva negli anni in cui la banca ha utilizzato le risorse degli investitori in modo quasi fraudolento arrivando a un default tecnico.
È logico quindi che ci sia un forte malessere di fronte alla “festa del denaro” cui solo pochi hanno partecipato. Ma la reazione di “indignazione morale” contro quella che alcuni chiamano “casta” non basta. Conviene cercare di comprendere le ragioni di fondo del caso. Siamo di fronte alla dissociazione tra economia finanziaria ed economia reale. Solo così si comprendono certe “allegrie”. Alcuni sono convinti che questo “divorzio” sia cominciato con la fine del sistema monetario di Bretton Woods, quando negli anni ‘70 il dollaro ha smesso di essere la moneta di riferimento.
Negli anni ‘80 è quindi cominciata una globalizzazione fondamentalmente finanziaria. Con la caduta del Muro di Berlino, Clinton si è sentito legittimato ad avviare una deregolamentazione del sistema finanziario che ha creato un’industria bancaria sempre più speculativa. Le finanze, necessarie a superare i limiti del presente, si sono dedicate alla commercializzazione di un tempo svincolato dal sistema produttivo: il cancro ha rapidamente minato le banche di tutto il mondo.
Dopo lo scoppio della crisi, gli Stati Uniti hanno lavorato per risanare gli enti finanziari colpiti dalla sbornia del denaro. L’Europa è stata costruita dall’alto e ha una moneta comune, ma non un supervisore unico del sistema finanziario. Per questo il problema si è espando. Solo a partire dal prossimo novembre, con l’entrata in vigore dell’Unione bancaria, la Bce supervisionerà con gli stress test la solvenza di 120 banche.
Lo scandalo delle “carte nere” è venuto a galla perché alla Spagna, in cambio dei 40 miliardi ricevuti per le operazioni di salvataggio, è stata imposta la massima trasparenza da parte degli altri paesi europei. È quindi diventato evidente come le casse di risparmio, istituzioni nate dal basso grazie all’iniziativa della società, siano state “colonizzate” da partiti e sindacati. La supervisione e il controllo del denaro sono necessari perché l’orgia finanziaria possa terminare. Ma il problema di fondo, come spesso accade, è culturale.
La concezione liberale dell’uomo, che ha un’immagine negativa dello stesso, sostiene che il mercato “purifica” gli interessi egoistici per trasformarli in guadagni per tutti. Questo pensiero, portato all’estremo, è ossessionato dalla massimizzazione del profitto, senza alcun legame con il futuro, con la creazione dell’impresa e con la ricchezza reale. La crescita che tanto vogliamo può arrivare solamente da una maggior liberalizzazione del mercato o da una regolazione dello stesso.
C’è anche un’altra concezione più realista, che tiene maggiormente in considerazione i fattori in gioco, che riconosce all’origine di tutta l’attività umana una gratuità ultima e che ritiene che tutti siamo in relazione. Si tratta di un approccio che migliora la capacità di intraprendere, di trasformare la realtà per creare ricchezza sostenibile. Sotto questo prisma le finanze smettono di essere fine a se stesse.
Ci si lamenta che la gente ruba. Ma, in questo contesto, insistere sull’etica non serve a molto e porta frustrazione. La coerenza morale è sempre impossibile. Solamente grazie a un’educazione e a un’esperienza in cui è presente un’altra forma più attrattiva di creare ricchezza si può superare la naturale inclinazione a partecipare alla festa del denaro che tanti danni ha provocato. La vera festa è quella della vita, del lavoro, di una ricchezza reale e condivisa.