Leonid Aleksandrovic Stukacev nasce a Pietroburgo il 30 ottobre del 1914 e cresce a Mosca in una famiglia benestante in cui riceve un’ottima educazione. Si iscrive ad architettura ma potrà frequentare l’università solo fino al terzo anno di corso. Insieme ai compagni ha l’abitudine di organizzare serate culturali casalinghe di vario genere – musica, danza, teatro – e durante uno di questi ritrovi, nel febbraio del 1935, Leonid e i suoi amici vengono inspiegabilmente arrestati. Erano stati denunciati agli organi del partito da ignoti. Saranno tutti condannati, con accuse inventate, perché rei di propaganda controrivoluzionaria (il famigerato articolo 58 della costituzione sovietica). Leonid sconterà 5 anni di detenzione ai lavori forzati in uno dei tanti lager dell’immenso Gulag sovietico.
Già da prigioniero Leonid si distingue per le sue doti ingegneristiche e quando tornerà in libertà diventerà un grande architetto, costruirà palazzi e monumenti a Sebastopoli, Volgograd, in Kazachstan, a Kemerovo e infine a Gomel, in Bielorussia. Nel frattempo si era sposato e nel 1960 aveva avuto una figlia, Natalija. È lei, solo qualche mese fa, a scoprire – per caso, facendo delle ricerche in archivio – il tragico passato di un padre che amava, ammirava e credeva di conoscere, un passato di cui non aveva mai sospettato nulla. “Ma perché non ce l’ha mai raccontato?” si chiede attonita. Lo sapeva solo la moglie, Lida, che vive tuttora a Gomel e conferma tutto. Lida, colei che ha sempre custodito il pericoloso segreto nel suo cuore, perfino dopo la morte del marito, semplicemente perché gli aveva promesso che non l’avrebbe mai detto.
Leonid Stukacev sarà completamente riabilitato nel 1989 – è una delle tante vittime innocenti delle repressioni di massa – e morirà nel 2000, a 86 anni, dopo aver vissuto una vita dignitosa e onesta, ma senza aver mai voluto rendere noto nulla dei suoi cinque anni di immeritata prigionia e avendone, anzi, addirittura, cancellato ogni traccia. Ma se è morto nel 2000, perché non ha mai voluto raccontare? Una volta che il potere sovietico era stato smascherato e condannato, perché non si è deciso a parlare? Perché non ha parlato nemmeno dopo esser stato ufficialmente riabilitato? E perché non ha mai parlato nemmeno nonna Lida, perché non si è confidata con la figlia, il genero, la nipote? Perché questo inspiegabile silenzio in una famiglia di persone che si vogliono profondamente bene?
Il terrore è il terrore e ha delle dinamiche ben precise. Il terrore è caratterizzato da un senso di pericolo psicologicamente ingestibile: occorre difendersi da un nemico anonimo – chiunque incontri è un possibile delatore – e occorre proteggere chi si ama. Non si sa mai – è il retro-pensiero tipico della mentalità post sovietica – non si sa mai, quei tempi potrebbero ancora tornare… 2014: si celebra il centenario dalla nascita del grande architetto Leonid Stukacev.
2014. A Mosca un bel mattino ti alzi e ti ritrovi stordito a pensare – anche se sei tra quelli che di Putin avevano apprezzato quantomeno la stabilità politica – che forse stai avendo un incubo, che stai ancora sognando, che non puoi essere sveglio… (sarà il ricordo dei libri sui lager e sui martiri del XX secolo che hai letto di recente?) perché hai la netta impressione di essere andato a dormire la sera prima a casa tua, in Russia, e di esserti improvvisamente risvegliato in piena Unione Sovietica.
Qui non c’entrano le interpretazioni geopolitiche sui mandanti della crisi ucraina, qui si tratta di guardare la realtà. Ci sono dei fatti: arresti, divieti di parlare e scrivere, lettere e ordini tassativi che arrivano dall’alto. La propaganda è la stessa di un tempo: un sistema di menzogna perfettamente architettato. Lucidissimo. Efficace. Quello che sta accadendo ora è della stessa natura di qualcosa che tutto il mondo ha già visto, ma questa terra martoriata sembra essere ancora una volta terribilmente lontana e isolata. Ma sono uomini vivi e reali che stanno attraversando questo inferno: e ci sono di mezzo i destini di persone reali. Qui non viviamo di fantapolitica. E davanti a quello che sta accadendo non si può tacere perché non possiamo illuderci che questo sistema non avrà conseguenze. Forse basterebbe iniziare a confutare, almeno con gli amici, certe menzogne palesi che qui passano per verità scontate.
Ad esempio: “la Russia non ha invaso un paese straniero, va pacificamente a salvare i suoi”. Qui lo pensano in tanti. Ecco: Putin si pone letteralmente come salvatore. Ma se ci accorgessimo della diabolica falsità di questa affermazione forse ricorderemmo anche una cosa, in fondo, semplice: che “Dio è l’unico che salva e libera”. E se guardassimo le cose da questo punto di vista, il senso di molti dei fatti accaduti negli ultimi mesi – e tutte le analisi che ne conseguono – potrebbero anche, improvvisamente, cambiare di segno.