Péguy e il dovere quotidiano

Vita di Peguy. Nel 1899, dopo la delusione del socialismo Peguy continua la sua costruzione della "città armoniosa" fondando i "Cahiers". L'editoriale di PIGI COLOGNESI

Vita di Péguy terza puntata. Nel 1899 il socialismo francese – di cui Charles Péguy è un attivista seppure parecchio anomalo – è in fermento: le diverse fazioni stanno cercando di trovare una qualche forma di unità e si radunano a Congresso. Il giovane orleanese partecipa e vi riceve la più cocente delusione rispetto alle sue speranze che il socialismo sia la strada per costruire la «città armoniosa». Non solo il dibattito è dominato dalle beghe di corrente, ma alla fine una delibera mette il bavaglio alla stampa socialista, che dovrà «conformarsi strettamente alle decisioni del Congresso interpretate dal Comitato centrale». Péguy si ribella; per lui la verità da scrivere su un giornale non può dipendere da nessuna maggioranza: «Nessun sovrano, quand’anche fosse l’Internazionale umana, il genere umano, ha il diritto di pronunciarsi contro la verità». Si ribella e decide di fare coi suoi amici una rivista per «dire la verità, tutta la verità, nient’altro che la verità, dire semplicemente la verità semplice, noiosamente la verità noiosa, tristemente la verità triste». Nascono così i Cahiers de la quinzaine, l’opera a cui dedicherà totalmente il resto della sua vita.

Quando scrivo «totalmente» non esagero: Péguy – da solo – raccoglie la documentazione che vuol pubblicare, contatta gli autori, manda gli articoli a comporre in tipografia e coregge le bozze, sovrintende alla stampa, raccoglie gli abbonamenti e tiene i contati coi lettori, tiene i conti; soltanto con l’arrivo, al secondo anno di vita della rivista, di un amico da Orléans potrà essere sollevato almeno dal lavoro strettamente amministrativo. Se poi gli avanza del tempo, scrive lui stesso. È facile capire che i Cahiers non hanno avuto vita facile e, di conseguenza, Péguy e la sua famiglia hanno vissuto sempre sotto la minaccia della miseria. Eppure la rivista è durata dal 1900 al 1914, quando il suo «gerente» morirà, a soli 41 anni.

Questa eccezionale resistenza di Péguy nel compiere un lavoro così pesante e poco gratificante – nessun successo, pochissima considerazione da parte dell’establishment culturale, attacchi dal mondo socialista – è dovuta alla certezza semplice che proprio quello fosse il suo dovere e che quindi, da quel lavoro passasse la sua utilità per il mondo e la storia. «Sono un povero industriale e, come si dice, un piccolo negoziante. Lo sono perché devo esserlo. Faccio con passione mestieri reali. Preferirei lavorare a delle grandi opere. Ma devo fare quel che devo e non quello che preferisco».

La costruzione della città armoniosa, infatti, non avviene per gli sconvolgimenti prodotti da una continua agitazione; è invece il risultato di una paziente opera quotidiana, apparentemente nascosta: «Non dobbiamo avere una preferenza, un gusto malsano per la verità chirurgica, dobbiamo al contrario cercare di evitarla modestamente attraverso la pratica regolare della verità igienica».

Anche nel caso in cui gli avvenimenti attorno a sé producano sconvolgimenti; come quando nel 1905 sembrò che la guerra tra Francia e Germania fosse imminente: «Non dipende da noi che l’avvenimento scatti; ma dipende da noi di farvi fronte. Ma per farvi fronte non dobbiamo rompere o alterare il nostro lavoro, né rompere o alterare la nostra vita ordinaria. Se facessimo introdurre qualche apprensione nella forma della nostra vita interiore, sarebbe già una sconfitta. Proprio perché non abbiamo trovato né immaginato niente di meglio da fare che questi Cahiers noi abbiamo fatto questi Cahiers. Non c’è niente di meglio del pane cotto coi doveri quotidiani».

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