Costui bestemmia. Due parole, un soggetto e un verbo, due macigni che si abbattono non su un cristiano del Pakistan (sì, perché anche oggi si condanna a morte, mentendo, con l’accusa di blasfemia. È una delle notizie tragiche di questa settimana accanto a quella dell’assassinio del sacerdote gesuita olandese Franz van der Lugt a Homs in Siria), non su un cristiano, ma su Gesù. Per questo Gesù viene condannato a morte là nella città d’oro, la santa Gerusalemme dove Gesù entra in trionfo la settimana prima di essere ucciso.

Sa di trionfo questa domenica delle Palme in tutto il mondo. Per me resterà sempre indimenticabile quella del 1977 con Paolo VI; le chiese si riempiono, anche chi non va mai a messa, magari non va neanche a Pasqua, ma è difficile che non vada a prendersi quel ramo d’ulivo. Ci andrà anche il Premier italiano e sarà ripreso dalle Tv. Con Giovanni Paolo II la Domenica delle Palme è diventata l’appuntamento tanto atteso dai giovani di tutto il mondo, prima in ogni singola diocesi, poi, ogni tre anni, un raduno mondiale con il Papa. Nel 2016 a Cracovia. In quel ramoscello d’ulivo tutti intravedono un segno di benedizione, una promessa di pace per la propria famiglia; nelle tante bancherelle improvvisate attorno alle chiese, un’occasione di guadagno. Diceva Benedetto XVI nel suo libro “Gesù di Nazareth”: la Domenica delle Palme è il grande portale che introduce nella settimana santa, la settimana nella quale il Signore si avvia verso il culmine della sua vicenda terrena. Sale a Gerusalemme per portare a compimento le scritture e per essere appeso sul legno della croce, il trono da cui regnerà per sempre, attirando a sé l’umanità di ogni tempo. Gesù ha celebrato tre Pasque nella sua vita: nella prima ha purificato il tempio (Gv. 2); nella seconda ha moltiplicato i pani (Gv. 6); nella terza è andato a morire e a risorgere. Per Luca il cammino di Gesù appare un unico ascendere in pellegrinaggio dalla Galilea fino a Gerusalemme con i dodici e con la folla che va crescendo attorno a Lui. Sale verso l’amore fino alla fine. Lui sa cosa l’aspetta e guarda tutti quelli che incontra in fondo agli occhi, li guarda per il loro destino e pensa: per te, per te, per te io vado a morire. In questo pellegrinaggio di ascesa Gesù incontra un cieco dalla nascita che lo supplica: Figlio di Davide, abbi pietà di me! E Gesù gli risponde: “Va, la tua fede ti ha salvato”. Così Bartimeo, l’uomo che riacquista la vista si aggrega nel pellegrinaggio verso Gerusalemme, esempio di tutti i ciechi che incontrando Gesù ritornano a vedere la realtà con gli occhi di Dio.

Entra in città su un asino preso in prestito: questo era considerato un diritto riservato ai re. Gesù è un re che spezza gli archi di guerra, un re della pace, un re della semplicità, un re dei poveri; così governa il mondo intero. È nella povertà l’unico potere di Dio. L’entusiasmo trascina tutta la folla in un unico grido: “Osanna! Benedetto Colui che viene nel nome del Signore”. La gente accorre a questa strana processione e si chiede: “Chi è costui”? La folla che è alla periferia di Gerusalemme rendeva omaggio a Gesù non è la stessa che avrebbe poi chiesto la sua crocifissione.

Chi è Cristo per noi? Entriamo anche noi in questa settimana santa, viviamo l’attualità dei gesti di Gesù: il suo piegarsi e lavare i piedi agli Apostoli, gesto con il quale Dio ci da il comandamento nuovo e l’esempio: “Se dunque io il Signore, il Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni degli altri” (Gv. 13, 14). Lavarci i piedi, metterci a servizio gli uni degli altri nell’amore. Seguiamo la tragedia che si svolge nel cuore di Giuda, immedesimiamoci nell’angosciosa preghiera di Cristo nel Getsemani; seguiamo il suo arresto durante la notte, il processo davanti al Sinedrio e al governatore romano. “Sei tu il Cristo, il Figlio del Benedetto?” (Mc.14, 62) così lo interpella l’esasperato Caifa, o nella versione di Matteo: “Sei tu il Cristo, il Figlio di Dio?” (Mt. 26, 63). Da notare che nello stesso momento Pietro asserisce di non conoscere Cristo. E ora la dichiarazione esplicita: “Io lo sono”. Oppure: “Tu l’hai detto, anzi io vi dico…”. Caifa si stracciò le vesti urlando: “Ha bestemmiato”. Adesso su Gesù si scaraventa tutto il disprezzo del Sinedrio. Adesso è nelle loro mani. “Il vile conformismo di animi deboli si sente forte nell’aggredire Colui che sembra essere solo impotenza” (Benedetto XVI). Segue il processo davanti a Pilato e il dialogo tra Gesù e Pilato su che cosa significa essere re, su che cosa è la verità. Poi nel contesto dell’amnistia pasquale, ecco uscire fuori il nome di Barabba. Ora vediamo Gesù in una pozza di sangue i cui segni sono rimasti inequivocabili sulla Sindone di Torino. Il cammino tragico, tra insulti e scherni, verso il Calvario, ma gli occhi della Madre non si staccano mai da quelli del Figlio. Gesù non è mai solo, anche quando grida al Padre: “Perché mi hai abbandonato”? La crocifissione, le ultime parole di Cristo in croce, parole di misericordia e di perdono. Ci affida tutti al Padre e a Sua Madre. L’osannato, l’insultato, accusato di essere un bestemmiatore, il terzo giorno… è vivo. Il mistero racchiuso nell’Uomo-Dio giungerà al cuore di tutti perché entrino nelle porte di Gerusalemme, le porte della salvezza.