Perché votare? La domanda è tutt’altro che retorica. Si è infatti diffusa l’impressione che i 766 deputati del Parlamento europeo sono una specie di ornamento. La scheda bianca può essere una scelta legittima, piuttosto che l’astensione (una forma seria di irresponsabilità); ma in nessun caso si può dire che quel che succede nel Parlamento europeo è irrilevante.

Nelle sedute di Strasburgo e Bruxelles si disputano due battaglie che ci riguardano tutti. Una è molto concreta, mentre l’altra è più simbolica. Cominciamo dalla prima. Nella passata legislatura (2009-2014) sono entrate in vigore le modifiche del Trattato di Lisbona che ampliano le competenze del Parlamento europeo. La sua capacità di legiferare con la Commissione europea e di limitare le decisioni di Consiglio europeo è stata aumentata. Le nuove competenze gli hanno permesso di avere un ruolo per niente marginale in un momento complicato della costruzione europea.

Da quando ha preso vita la Comunità europea del carbone e dell’acciaio (1951) ci sono sempre stati movimenti centrifughi per diminuire la velocità del processo di integrazione. In una situazione di crisi come quella che stiamo vivendo è logico che queste tendenze siano cresciute. Abbiamo visto negli ultimi anni come il Consiglio europeo ha spesso preso decisioni in base a criteri nazionali. Il Parlamento europeo ha avuto una chiara funzione di freno per porre un limite a questa inerzia disgregante.

Due esempi lo mostrano con chiarezza. Il primo è l’approvazione del bilancio pluriennale, il secondo l’avvio dell’Unione bancaria. Tutti gli stati federali o confederali del mondo hanno un bilancio basato su una percentuale del Pil dell’economia confederata (11% in Svizzera, 25% negli Stati Uniti). In Europa siamo ancora all’1%, Il Consiglio europeo aveva deciso che per il periodo 2013-2020 ci fosse un taglio del 3,5%; solamente la resistenza del Parlamento ha fatto sì che questa diminuzione fosse compensata da una gestione più flessibile: se avanzerà qualcosa, non sarà restituito ai paesi membri com’è stato finora. Una maggiore federalizzazione può aumentare la sussidiarietà orizzontale.

Qualcosa di simile è accaduto con l’Unione bancaria, la “grande invenzione” dell’Europa per far fronte alla crisi. Il summit dell’estate del 2012 approvò il modello di Unione bancaria da utilizzare nel caso di salvataggio congiunto delle istituzioni finanziarie europee. Ma dopo la Germania ha deciso di cambiare il testo, annacquando l’accordo. È stato il lavoro del Parlamento europeo a far sì che la Germania e gli altri Stati abbiano un ruolo meno rilevante nella gestione dell’Unione bancaria e a far sì che il fondo per il salvataggio sia costituito più celermente.

Questi due esempi mostrano come non votare o votare per i partiti minori implichi alimentare la disgregazione nazionalista, che alla fine porta minor libertà.

Vediamo ora la battaglia più simbolica. Nel Parlamento europeo si discutono molti testi che non hanno valore normativo. Sono dichiarazioni di intenti che in qualche modo contribuiscono a creare una mentalità. E i promotori dei cosiddetti nuovi diritti (decostruzione antropologica) usano l’Europarlamento come megafono. Si scontrano con coloro che ancora difendono un’immagine della persona più in linea con le tradizioni finora vigenti nel Vecchio Continente.

Questa legislatura ha votato due relazioni che sono esemplificative. La prima è la Relazione Estrela. In linea con la richiesta di alcune agenzie delle Nazioni Unite, il testo mira a riconoscere l’aborto come un diritto sessuale. Non ha avuto seguito grazie all’opposizione di un gruppo importante di deputati del Ppe. La seconda è la Relazione Lunacek. Una dichiarazione che, in nome della lotta all’omofobia, comporta una seria limitazione della libertà di espressione di coloro che difendono il valore della differenza sessuale. Questa è andata avanti, ma fortunatamente, al momento, non ha alcun valore giuridico. Come si vede, non si tratta di questioni irrilevanti.