Il 6 gennaio 1955, entrando a Milano come arcivescovo, Giovanni Battista Montini, che tra pochi mesi sarà proclamato beato, tenne un memorabile discorso programmatico di tutto il suo ministero prima sulla cattedra di sant’Ambrogio e poi, come papa, sulla cattedra di San Pietro: “Tu ci sei necessario, Cristo! Tutto abbiamo in Cristo, tutto è Cristo per noi! Al centro, al cuore del cristianesimo non c’è una dottrina o un’etica, ma ci sei Tu Cristo! Tu sei tutto… Quante volte, passando per la città, abbiamo pensato con ansia nel cuore come far giungere una parola amica a tutta la gente… Quante volte, guardando alle case dell’immensa città ci siamo chiesti come avremmo mai potuto renderli penetrabili ad un soffio dello Spirito vivificante del Vangelo” (A. Savorana, Vita di don Giussani, p. 216). 

Mentre sembrava andasse ancora a gonfie vele un cristianesimo di tradizione, un pastore santo, lì, in piazza Duomo a sentirlo, provando un tuffo al cuore per una totale corrispondenza, c’era un grande sacerdote, educatore e profeta: don Luigi Giussani. Per anni cammineranno insieme, in una sintonia sull’essenziale da cui nascerà la Missione cittadina a Milano, una rivoluzione di centinaia di giovani che seguiranno don Giussani, come oggi, nella persona di papa Francesco, l’annuncio di Cristo giunge fino ai confini del mondo. 

A Tommaso che dice: “Signore, non sappiamo dove vai, come possiamo conoscere la via?”, Gesù risponde: “Io sono la Via, la Verità e la Vita”. Cioè, Io sono tutto per voi. Il contesto in cui Gesù dice queste parole è quello di una delicatezza estrema; voleva preparare i suoi al mistero tragico della Sua morte; lo fa con parole delicate, piene di speranza: “Io vado a prepararvi un posto nella casa del Padre”, un posto che non è un luogo fisico da immaginare, ma è il Suo cuore.

A un altro discepolo che fa fatica a capire, Filippo, che si sarebbe accontentato di vedere il Padre, Gesù risponde: “Filippo, chi vede Me vede il Padre”. Seguendo Gesù e i pastori che lo rendono visibile, rimanendo uniti, compiremo le opere che ha fatto Lui e ne faremo di più grandi. Questa essenza della vita, come un amore infinito per il destino degli uomini, è la strada di un processo osmotico dal Padre a Cristo, da Cristo in ciascuno di noi, in chi lo lascia entrare nel proprio cuore. 

È un amore, quello di Cristo, che non entra nel mondo per risolvere in modo meccanico tutti i problemi, ma dà il criterio per affrontarli, come vedremo tra poco nel caso che scoppia a Gerusalemme: i greci convertiti al cristianesimo hanno l’impressione che le loro vedove vengano discriminate rispetto a quelle di lingua ebraica, e allora chiedono l’intervento dei Dodici. 

L’essenziale per affrontare il  quotidiano, il criterio che guiderà le scelte dei dodici apostoli, e, dopo di loro, tutti quelli che li seguiranno nella Chiesa, davanti ai problemi che con il crescer del numero dei credenti si faranno sempre più vasti e complessi, sarà unno solo: come la fede in Cristo, come il seguirlo giorno dopo giorno entra nelle azioni che compongono la loro giornata? 

Diceva Benedetto XVI nel suo secondo volume su Gesù: “E’ proprio del mistero di Dio agire in modo sommesso. Solo pian piano Egli costruisce nella grande storia dell’umanità la Sua storia. Diventa uomo, ma in modo da poter essere ignorato dai contemporanei, dalle forze autorevoli della storia. Patisce e muore e, come risorto, vuole arrivare all’umanità soltanto attraverso la fede dei Suoi ai quali si manifesta. Di continuo Egli bussa sommessamente alle porte dei nostri cuori e, se gli apriamo, lentamente ci rende capaci di vedere”.

L’Arcivescovo di Milano e quell’insegnante di religione, con lo stesso fuoco nel cuore, entrano negli ambienti dove il bisogno di Dio e di pane si fa drammatico, scuotono la domanda di cui è fatto il cuore dell’uomo. Non per nulla la prima lettera pastorale dal cardinal Montini è sul senso religioso (Quaresima del 1957), e nel dicembre dello stesso anno esce un piccolo libro di Luigi Giussani: Il senso religioso.

Il bisogno veniva loro incontro in un popolo che stava perdendo velocemente la conoscenza di Colui che è la Via, la Verità, la Vita. Ma non ci basta la tivù, la macchina, il benessere che si stava affacciando nella società in modo sempre più allettante? Don Giussani trova la via: educare, introdurre alla realtà dell’io, attraverso il metodo di una compagnia che si andava consolidando, analoga a quella grande compagnia che è la Chiesa. Così i Dodici trovano la risposta all’inquietudine dei greci. “Non è giusto che noi lasciamo da parte la parola di Dio per servire alle mense”. Noi dobbiamo occuparci dell’essenziale. Ed ecco che lo Spirito suggerisce la risposta: cercate tra voi sette uomini di buona reputazione, pieni di Spirito Santo, ai quali affideremo questo incarico. 

È il fuoco dell’amore che fa nascere i diaconi, la caritas, che differenzia nella Chiesa compiti e ministeri, ma partendo dalla stessa origine. Se di istituzione si deve parlare, o di come organizzare la Chiesa, sempre si dovrà parlare di una istituzione divina, perché solo il divino salva tutti i fattori dell’umano. 

Quelle piaghe, quel grido straziante dalla croce, la delicatezza con cui Gesù vuole preparare i Suoi che poi fuggiranno terrorizzati giungerà a tutti gli uomini con la Parola di Dio, e con la preghiera: questo il compito essenziale del discepolo per rispondere al bisogno dell’uomo e per servirlo, attraverso i rivoli di una carità che giungerà alle mense per i poveri, all’assistenza notturna a chi dorme nelle stazioni ferroviarie, ai porti dove sbarcano adesso questi immigrati che vengono a “disturbare” la nostra tranquillità. Ma se si trascurasse l’essenziale, l’origine, la Chiesa è destinata a diventare una Ong che con il tempo non interesserà più nessuno.