Ho visto il Majdan la prima volta a gennaio, il giorno prima del massacro. Vi sono tornata poi a marzo e infine qualche giorno fa, subito dopo Pasqua.

Il Majdan c’è ancora e si è addirittura estesa la zona in cui la gente ha “piantato le tende” come per dire: «noi staremo qui fino alla fine». C’è ancora il palco da cui tutte le sere per mesi i sacerdoti hanno pregato con il popolo e che adesso è adornato di una scritta enorme: «Cristo è risorto!».



Il Majdan ora è un luogo di memoria, di suffragio – pieno di fiori e lumini – un luogo in cui si esercita la pazienza, si rimane, si vive, si continua a sperare. Altro sul Majdan io non l’ho visto. Fascisti a Kiev non ne ho incontrati, mai. E i miei amici che vivono lì, neppure. Questo nella realtà. Sui giornali invece, il numero dei fascisti ucraini aumenta. Gli scontri di due giorni fa, ad esempio, provocati da 100 incappucciati neri che la stampa ha definito «ultranazionalisti ucraini», sono stati creati ad arte: è teatro, è il grande teatro russo. Lo si può verificare. Volendo.



Il triduo e la festa di Pasqua, invece, quest’anno li ho passati a Khar’kov – 38 km dal confine russo, città russofona, zona “a rischio” – con amici ucraini, italiani, bielorussi, georgiani e russi: abbiamo festeggiato davvero, perché «Cristo, mia speranza, è risorto!», ma sempre con le orecchie tese alle notizie, per “paura” di disordini improvvisi. La città però – e la gente – era tranquillissima, a differenza di quanto ci volevano far credere i media russi. Le manifestazioni dei filorussi a Khar’kov le ho viste con i miei occhi: nella piazza principale si riuniscono 200-300 persone (su una città di un milione e mezzo di abitanti) di cui molte restano ai margini del comizio a bere aspettando che arrivi la TV russa per riprendere l’evento; allora fanno un po’ di confusione davanti alle telecamere e se ne vanno. In Russia poi la scena viene trasmessa – ingigantita – e intitolata: «Ucraina. È guerra civile».



Non ho visto invece con i miei occhi il “comizio”, tenutosi nella stessa piazza, del mercoledì: i “miltitanti” filo-ucraini – 7/9mila – hanno organizzato un gesto di preghiera per il paese e per la pace: c’erano cattolici di rito greco e latino, ortodossi dei diversi patriarcati, protestanti, ebrei e musulmani. 

Questo strano “comizio nazionalista” (fascista?) dalla TV russa non è stato mostrato. Io so che c’è stato perché so chi lo ha voluto e organizzato: quegli stessi amici, con cui abbiamo festeggiato Pasqua. Non sono uomini potenti e non sanno nemmeno loro spiegarsi come siano riusciti a ottenere, in soli tre giorni, il consenso di vescovi, amministrazione e forze dell’ordine. 

La speranza, la libertà, la pace, il desiderio di giustizia, la religiosità… questo resta, inspiegabilmente, il cuore della “rivoluzione” del popolo ucraino. Questo io ho visto e continuo a vedere. Abbiamo un problema grave: la propaganda russa ha una forza mai vista prima ed ha innescato un meccanismo di “zombizzazione” delle coscienze che ha dato i suoi risultati. In Russia la gente è sinceramente convinta che la “rivoluzione ucraina” sia un movimento fascista sostenuto dall’America per odio contro la Russia.

Il popolo russo è stato addestrato a riconoscere il nemico ed è pronto a difendersi. E che ormai il nemico si identifichi con il mondo (quasi) intero è una stranezza che non pone particolari domande. Zombizzazione: la realtà non conta, non si vede e non si vuole neanche più vederla, anzi, si teorizza che sia inutile, perché l’essenziale è già chiaro. Forse chi ha meglio descritto la situazione è la scrittrice russa Ljudmila Ulickaja. Si è recata sul Majdan e ha commentato (in un dialogo privato): «In epoca sovietica sapevo benissimo che l’80% di quello che ci dicevano era menzogna, che dovevo verificare ogni singola parola… ma non pensavo che sarei arrivata a vedere questo! Adesso la menzogna è al 100%: in quello che dicono i nostri media, non c’è una briciola di verità». Attualmente in alcune regioni ucraine si sta inscenando la guerra civile. Ma di fatto scatenarla è già un’invasione. Netta. I filorussi di Slavjansk contro cui sta reagendo il governo di Kiev sono gruppi terroristici organizzati da militari russi. E questo bisogna dirlo chiaro.

Ma non è solo “teatro”, la guerra ormai è diventata reale e vi prendono parte in tanti. Se guardi le facce dei protagonisti, però, non riconosci né russi né ucraini. I volti hanno perso i loro tratti umani. Perché a condurre il gioco è quel potere che manipola le coscienze rendendole cieche e sorde e facendo degli uomini un esercito di zombi che può usare a suo piacimento. Ma ci sono delle persone, in Ucraina come in Russia, che si muovono diversamente. Ci sono dei fatti a cui dobbiamo guardare come alla sorgente di una libertà ancora possibile. Se vogliamo vivere.