Il titolo del libro ha in sé l’attrattiva del paradosso: “La barbarie della virtù”. È stato pubblicato qualche settimana fa in Spagna e il suo giovane autore, Luis Gonzalo Diez, sostiene una tesi interessante: la cultura politica degli ultimi due secoli riflette lo smarrimento dell’uomo contemporaneo. La politica non è la madre della perplessità attuale, ma una sua creatura. Nei progetti pubblici emergono l’insoddisfazione e il disorientamento che portiamo dentro. Ma la virtù si può paragonare alle orde germaniche che distrussero l’Impero Romano? Gonzalo Diez segue le tracce del virus distruttivo della nostra cultura democratica.
L’agente patogeno generato dal puritanesimo ha mutato il suo codice genetico negli ultimi duecento anni e oggi si presenta con un aspetto meno minaccioso, ma ugualmente nocivo. La virtù è barbara se smette di essere una meta ricercata personalmente e socialmente con umile realismo, disposto ad accettare i traguardi minimi che si possono raggiungere. La bontà diventa vandalismo quando la si esige al suo massimo livello dallo Stato e dalle istituzioni. In questo caso, infatti, si vuole che quello che è irraggiungibile venga fornito dalla cosa pubblica. Ed è proprio così che nascono le rivoluzioni violente. Da questa matrice nasce il giacobinismo, il nazionalismo e una lunga serie di -ismo.
L’Europa di questo inizio di secolo, fortunatamente, è troppo abituata al benessere per abbracciare vecchie forme di selvaggismo. La barbarie della virtù si mostra ora con un aspetto borghese. La si trova in questa Europa che guarda con indifferenza alle prossime elezioni del 25 maggio. In chi, a causa della burocrazia di Bruxelles e Strasburgo, disprezza e critica ciò che l’Unione comporta. Un atteggiamento che in molti paesi farà votare i nazionalisti, i populisti o farà scegliere l’astensionismo. Perché ci si è dimenticati dei morti delle due guerre, della fame, della Cortina di ferro, di come i nostri nonni e padri hanno risollevato il Vecchio Continente; perché ci si è abituati alla pace come se fosse qualcosa di scontato; perché si crede che l’euro, le vacanze retribuite, la sanità e la scuola gratuite o la pensione siano cose a cui si ha diritto per il solo fatto di nascere.
A liberali euroscettici che credono che il mercato risolva tutto bisognerebbe comprare un biglietto per Mosca, così che possano vedere quello che è capace di fare una “economia aperta” senza istituzioni transnazionali. Ad altri forse basterebbe trascorrere un paio di giorni a Kiev o al Cairo per vedere il vero volto del nazionalismo, che ha poco a che fare col bersi un paio di birre al bar con gli amici ed esaltarsi con i colori della propria bandiera. Così saprebbero anche cosa vuol dire portare a termine una transizione democratica quando tutti i tuoi vicini cercano di farla saltare e gli Stati Uniti sono impegnati a fare “esperimenti”.
Certamente il Parlamento europeo e la Commissione hanno qualcosa che non va. Non sono riusciti a sviluppare una struttura politica adeguata: il progetto di cittadinanza comune è rimasto lettera morta e la mancanza di personalità sul palcoscenico mondiale è scandalosa. Bisognerà esigere che tutte le istituzioni europee siano all’altezza, ma questa è tutt’altra cosa rispetto al diventare “barbari virtuosi” che abbracciano i nazionalisti o i partitini che vogliono pescare nel torbido.
C’è un modo cattolico (anche se è in realtà poco cattolico) di praticare la barbarie della virtù e che trova una forza particolare quando si parla di Parlamento europeo. Molti eurodeputati, sia di destra che di sinistra, si lasciano sedurre o sono protagonisti attivi della “ideologia del post-umano”. Denominazione in cui possiamo far confluire le politiche riguardanti il genere, l’abolizione del modello famigliare e una lunga lista di eccetera. Quando una certa cultura è minoritaria non può pretendere che le istituzioni la rappresentino totalmente. Se c’è una cosa per cui l’Europa ci deve interessare è che ci garantisca la pace e la libertà. Il resto andrà spiegato e proposto, partendo quasi da zero.
Non tutti coloro che accarezzano l’idea di non votare sono euroscettici. In Spagna, per esempio, crescono gli elettori del centrodestra che sono delusi dal Partito polare, perché si aspettavano di più da Rajoy e ora vogliono mandare un messaggio al governo. Le loro ragioni sono comprensibili, ma le elezioni europee, sebbene abbiano questa apparenza, non sono una sorta di “primarie” o di “prova generale” per quelle politiche. Per punire il centrodestra è piuttosto preferibile votare un partito appartenente all’altra tradizione, il socialismo, che ha plasmato l’Europa. Meglio non astenersi o lasciarsi incantare dalle sirene degli arrampicatori sociali.