Esemplarità. È la parola del momento, quella che può risolvere tutto. Intendiamoci, la crisi non è stata solo economica, ma è l’espressione di un mondo impazzito e ora bisogna tornare a una condotta che sia d’esempio, alle buone pratiche etiche. Quando qualunque magistratura vuol rispondere al desiderio sociale di cambiamento, lo fa offrendo onestà, trasparenza e, se possibile, anche sobrietà.

Certo, il messaggio è semplice e sembra promettente: non basta applicare la legge, occorre cercare un plus extragiuridico di onestà e decenza. Il tuo esempio deve produrre negli altri (che siano figli, fratelli, compagni di lavoro) una buona influenza, civilizzatrice. Una raccomandazione che ci attrae, perché è come il vecchio imperativo categorico kantiano. Non ce ne vogliano i moralisti, ma è come un cibo da fast food, che scivola bene in bocca, ma che non sazia.

In realtà, siamo dinanzi a una nuova pace di Westfalia, quell’accordo del 1648, arrivato dopo la Guerra dei Trent’anni e gli scontri tra luterani, calvinisti e cattolici, che ha risolto il problema alla radice: tutto quello che aveva a che fare con la religione andava chiuso nella sfera privata, cosicché l’ambito pubblico restasse asettico, neutrale.

La nostra è stata una guerra di 60 anni, per fortuna senza morti e senza eserciti vaganti per l’Europa. Dalla metà degli anni ‘50, è esploso il problema del significato e c’è stata una feroce resistenza a che rimanesse limitato alla sfera privata. Il movimento beat, la pop art, il post-68, la movida madrilena, e un lungo elenco di ecc. che comprende anche l’avidità finanziaria dei primi Duemila, furono e sono espressione dell’insufficienza di una risposta basata solamente sui valori.

Giusto perché non ci siano malintesi, la corruzione non è giustificabile, l’avidità è stata un grande male. Nel mixer si sono mescolati quattro ingredienti molto pericolosi: la crescita del debito pubblico e privato nel mondo occidentale, grandi quantità di conoscenza e di energia applicata ai mercati per ottenere un arricchimento rapido, globalizzazione e deregolamentazione finanziaria. Il risultato è stata una vera bomba a orologeria, che ci è esplosa in faccia nel 2008 e che ancora ci fa male con la sua onda espansiva.

La minaccia continua a essere presente, perché l’avidità, che è un’energia molto potente e che non trova nulla che la soddisfi, sta speculando con le commodities alimentari e può creare una nuova bolla con la politica di espansione della liquidità che, per fortuna, la Bce ha adottato.

Se tutto questo non può essere negato, il problema è che la nuova pace di Westfalia non risolverà nulla. È un po’ più sofisticata della precedente. Si riconosce che la ricerca di significato e di soddisfazione è irrefrenabile, ma la si torna a relegare alla sfera privata attraverso i nuovi diritti, diritti soggettivi di ogni genere. E per la vita comune si torna un’altra volta all’etica.

Così non può funzionare. Prima ci hanno tolto il bello, ora ci spogliano dell’autentico e pretendono che siamo buoni e uniti. L’esemplarità nuda e cruda è come un anno senza estate, una settimana senza vino o una vita senza baci: triste. Lo spazio pubblico non può essere quel luogo che ci priva di quello che più ci appartiene: questa potenza che portiamo dentro, che ci permette di incontrare gli altri, di costruire, di sacrificarci. Jefferson era più realista e ha voluto includere nella Dichiarazione d’indipendenza americana il diritto alla ricerca della felicità.

Attenzione, non si tratta di abolire la separazione tra Stato e Chiesa. Il fatto è che, come propone John Rawls, le dottrine comprensive devono fare il loro ingresso sulla piazza comune e sottomettersi alla prova di un’argomentazione standard, senza i criteri di autorità esogene. Per far questo è però necessario che esse compaiono e non svaniscano via.

Il tratto dell’esemplarità è grigio come un pomeriggio di narcisismo; la testimonianza di coloro che cercano l’autentico, anche se sono moralmente incoerenti, ha tutti i colori di un giorno con gli amici. È aperta, si riferisce alla verità.