Non c’è scocciatura più grande nella vita che dover fare un trasloco, eppure anche questa esperienza porta in sé una positività che viene dal trovarti tra le mani vecchie e nuove fotografie, documenti, lettere, che nemmeno pensavi più di avere e che ti seguono da molti anni. Tra quelle lettere io ho trovato un piccolo tesoro ereditato dai miei genitori, le lettere che si scrivevano al tempo del loro fidanzamento. Se mi soffermo a leggerne alcune, provo un tuffo al cuore perché scopro quanto era bello, vero, buono l’amore tra di loro, quanto era puro. Mi viene da fare il paragone con l’oggi, con esperienze con cui vengo in contatto oggi. Normalmente i tesori sono beni preziosi, antichi. Sono cose che valgono, perché hanno dentro un valore inestimabile. Che coscienza avevano due giovani innamorati negli anni Venti per scriversi: “Domenica avremmo dovuto vederci, ma so che al tuo paese verrà un missionario a predicare. Vallo a sentire, così avremmo cose più belle da raccontarci la prossima volta”. Oppure: “Desidero e non vedo l’ora di portarti all’altare pura come un angelo”.
C’è un valore inestimabile in questa esperienza. Il tesoro di cui parla Cristo non è sinonimo di ricchezza e di potere, ma è l’esperienza di un incontro che ti ha segnato e seguito per tutta la vita, sono volti di amici che non hai mai perduto, sono anche oggetti: doni che conservi con devozione. La nostra vita è fatta di cose antiche e nuove, ma ciò che stimiamo oggi, che ci affascina è soprattutto la densità del cristianesimo che hanno vissuto i nostri genitori o i nostri educatori. Questa verità non invecchia mai; è antica perché ha 50, 100, 2000 anni, ma – è questa la cosa più sorprendente – la verità è sempre nuova.
Questo tesoro di verità, di bellezza, di bontà non lo trovi dall’antiquario, ma ti è tramandato da chi ha vissuto seriamente la vita, da chi ha affrontato tutto: sacrifici, prove, guerre senza perdere la fede e la speranza, in una parola da chi ha incontrato Cristo; ha stimato questo tesoro della fede e l’ha preferita a tutto, anche ai beni di questo mondo. San Benedetto scrive nella sua regola: “Nulla anteporre a Cristo” e San Cipriano da Cartagine: “Non anteporre nulla all’amore di Cristo, perché Cristo non ha anteposto nulla a te”.
In questo trovare il tesoro nascosto o la perla preziosa non c’è un filo di moralismo. Si tratta di una scoperta che un bel giorno ti affascina, e ti colma sempre di più di stupore. Ci sono ancora famiglie che sanno consegnare ai figli il tesoro della tradizione fatto di cose antiche e di cose nuove?
Ci sono – per riferirci alla preghiera di Salomone (1 Re, 3) – capi di stato e di governo che a Dio chiedono un cuore docile per rendere giustizia al popolo, chiedono di saper distinguere il bene dal male, chiedono il discernimento nel giudicare? Se per chi governa il tesoro è solo sinonimo di potere e di ricchezza, davanti alla crisi uno è smarrito, come per lo più lo sono i governanti di oggi. Ma se il vero tesoro è il regno di Dio, esso insegna a chi ha potere di domandare ciò che è giusto per il popolo, così come ha fatto Salomone.
Quest’estate c’è un luogo dove possiamo incontrare uomini dal cuore saggio ed intelligente, uomini capaci di giudizio e di discernimento; dove si possono visitare mostre che testimoniano le perle preziose contenute nel cristianesimo; dove si possono incontrare testimoni della verità antica e sempre nuova, un luogo da dove essere rilanciati ad amare la realtà per come Dio ce la dà: è il Meeting di Rimini, dal 24 al 30 agosto e che ha come tema: “Il destino non ha lasciato solo l’uomo. Viaggio nelle periferie del mondo e dell’esistenza”. Un meeting destinato ad abbattere la globalizzazione dell’indifferenza che scopriamo in noi è attorno a noi, da cui uscire arricchiti dai testimoni che ci tramandano il tesoro nascosto del regno di Dio che è la Chiesa.
Ciò che la Chiesa trasmette nei secoli, lo chiamiamo anche “depositum fidei”, le verità contenute oggi nel nuovo catechismo della Chiesa cattolica. Queste verità non sono cristallizzate, ma sono carne, esperienza, parole conservate vive, come direbbe Péguy, e non chiuse nelle scatole dei nostri pensieri. Per questo il vangelo di domenica ci sfida tutti a chiederci se abbiamo già trovato questo tesoro e che cosa siamo disposti a vendere per acquistare quel tesoro. Il tesoro più grande, lo ripeto, è l’educazione. Nel colloquio con Scalfari, Papa Francesco ha fatto questa osservazione: l’educazione come noi la intendiamo sembra quasi aver disertato le nostre famiglie. Ciascuno è preso dalle proprie personali incombenze, spesso per assicurare alla famiglia un tenore di vita sopportabile, talvolta per perseguire un proprio personale successo, altre volte per amicizie e amori alternativi. L’educazione come compito principale verso i figli sembra fuggito via dalle case.