La sinistra spagnola ha un nuovo leader. Anzi, la sinistra spagnola che può tornare a essere socialdemocratica ha un nuovo leader. Questa puntualizzazione è necessaria dato che in Spagna da maggio ci sono diversi tipi di sinistra. Pedro Sánchez, fino all’altro giorno un perfetto sconosciuto, domenica è stato eletto Segretario generale del Psoe. Sánchez cercherà di mettere fine alla crisi del suo partito cominciata dopo le dimissioni di Zapatero e diventata evidente con il voto delle europee. I giovani, i delusi, gli arrabbiati in Spagna hanno votato per nuove forme di populismo comunista, così come in Francia la stessa tipologia di elettori si è espressa in favore della destra di Le Pen. Per questo il Psoe, che negli anni recenti è stato il partito-sistema, il partito-Stato, corre il rischio di trasformarsi in una forza incapace di governare senza alleanze.
Sembra che Pedro Sánchez, giovane economista, sia disposto a lasciarsi alle spalle lo zapaterismo. Alcuni lo vedono in grado di guidare un nuovo Fronte popolare (insieme a comunisti, indipendentisti e radicali), il cui compito sarebbe togliere il potere alla destra: una formula che porterebbe il Paese allo sfascio.
Il socialismo spagnolo prenderà la stessa strada del Pd italiano o del Psf francese? È impossibile rispondere adesso. Pedro Sánchez è un’incognita e dalle sue dichiarazioni si possono trarre poche conclusioni. Sánchez ha il difficile compito di tirare fuori il socialismo dallo stato di smarrimento in cui si trova da almeno 15 anni. Dagli anni Duemila, l’illusione dei soldi facili che arrivavano ai paesi del Sud Europa ha fatto sì che l’agenda socialdemocratica sembrasse piena. Il welfare state era più forte che mai. Il socialismo a quel punto ha abbandonato l’economia per farsi “antropologico”: la cosa importante era consacrare i nuovi diritti in grado di soddisfare il desiderio soggettivo di felicità.
Il socialismo divenne talmente soggettivo da coincidere con quello che Todorov chiamava ultraliberismo: un pensiero che “si basa su un’antropologia problematica perché l’uomo diventi autosufficiente”. Il socialismo di inizio millennio è riuscito a elogiare “in forma illimitata la libertà e a creare un essere immaginario per il quale la vita significa liberarsi da ogni vincolo e dipendenza”. La Spagna si è messa a capo di questo movimento che in breve tempo si è esteso in tutta Europa.
Manuel Valls, il primo ministro francese, ha detto chiaramente che l’illusione in cui ha vissuto in questi anni il socialismo è svanita. “La sinistra rischia di morire se non si reinventa. La sinistra socialdemocratica ha davanti a sé l’effetto della globalizzazione e per questo deve fare i conti con la crisi del welfare state”. Abbiamo fatto dei passi avanti: ci sono socialisti che governano lasciandosi alle spalle la vecchia demagogia sul welfare state. Per questo in Francia è stato avviato un piano di tagli alla spesa di 50 miliardi e un abbassamento di tasse e contributi a carico delle imprese. L’obiettivo è eliminare gli sprechi dello Stato e favorire la creazione di lavoro nel settore privato.
Le riforme di Valls somigliano a quelle fatte nel 2003 da Schroeder, che hanno favorito la crescita della Germania e sono perfettamente compatibili con il piano da 300 miliardi di investimenti annunciato da Juncker per la sua presidenza della Commissione europea e con la flessibilità del Patto di stabilità richiesta da Renzi.
A questo punto le tradizionali differenze ideologiche scompaiono. Anche Rajoy ha infatti lottato per la flessibilità sulla riduzione del deficit. Sul terreno economico il socialismo che governa ha trovato una sorta di compromesso con i popolari che mette insieme riforme, riduzione delle spesa pubblica improduttiva, flessibilità nella riduzione del deficit e programmi di investimento per ottenere aumenti di produttività. Socialisti e popolari europei cercano insieme (il caso della Germania è emblematico) un modo per rendere sostenibile il modello del Vecchio continente. Se Pedro Sánchez seguirà questa strada il socialismo spagnolo tornerà quello di una volta. Ma per farlo dovrà superare i vecchi schemi statalisti.
Che dire del socialismo ultraliberale dei nuovi diritti? Il fenomeno è diventato già trasversale. Anche Cameron è zapaterista. Occorre quindi realismo: destra e sinistra esaltano l’immagine dell’autosufficienza e della libertà senza vincoli di cui parlava Todorov. L’ideologia su questo terreno è più resistente che in ambito economico. Per questo è possibile solamente un cambiamento che arrivi dal basso. E Sánchez su questo punto è partito molto male: ha promesso di abrogare la riforma della legge sull’aborto che è più umana.