E’ impossibile camminare sulle acque, eppure sono millenni che la piccola barca della Chiesa lotta contro le onde e il vento contrario, attraversa bufere di ogni tipo e avanza nella storia, anche là dove l’uomo fa di tutto per cancellarne la presenza come si cancella l’orma di un piede sulla sabbia. Chi poi ha il compito di guidare la piccola “barca” partecipa di questa fatica, di questa spossatezza e, vedendo Uno che avanza sicuro camminando sulle acque, è preso da immensa paura più che da stupore e grida: “E’ un fantasma”. Non è l’unica volta che la parola “fantasma” compare nel Vangelo. Basta leggere il brano di Luca al capitolo 24, dai versetti 36-42. Quante giornate della nostra vita passano come se Cristo fosse “astratto”, lontano da noi, un fantasma appunto, basta una prova, una malattia, la morte di una persona amica, l’abbandono, la solitudine.. E’ il momento dello sconforto: ci sembra di aver perso la fede e l’onda ci travolge.
Quel mare di Tiberiade era tanto familiare a Gesù e ai suoi discepoli; quante volte l’avevano attraversato. Prima del fatto che racconta il Vangelo di oggi Matteo dice che Gesù aveva trascorso la notte in preghiera: “Se ne stava lassù, da solo, a pregare e comanda ai discepoli di precederlo sull’altra riva finchè non avesse congedato la folla”. Quanto prega Gesù! Prega nella solitudine, nella notte, all’ora dei pasti, prima del suo battesimo, prima di scegliere i 12, prima di insegnare il Padre Nostro, prima della confessione di Cesarea, nel Getsemani, sulla Croce. Prega per i suoi carnefici, prega per Pietro, prega anche per se stesso. Tutta la vita di Cristo manifesta un rapporto permanente con il Padre che non lo lascia mai solo e lo esaudisce sempre. Gesù ci insegna la necessità e il modo di pregare. Solo dalla preghiera viene l’energia della fede quando è messa a dura prova dalle tempeste della vita, quando la fede sembra tornare ad essere un insieme di parole senza significato, quando Dio sembra non occuparsi di noi.
La vita sarà sempre sottoposta alla prova che fa venire a galla la qualità della nostra fede. Più ci spaventa la prova e più la fede ne esce irrobustita. E’ Gesù che ci viene incontro dimostrando, oltre la sua infinita bontà, la padronanza sulla natura, sugli eventi naturali. A Pietro è concesso di camminare un po’ come Lui sulle acque, ma poi affonda per la paura. Ed è proprio quando tutto sembra finire che Gesù ci viene incontro e ci dice: “Coraggio sono Io, non abbiate paura!”. Pietro sperimenta anche questa umiliazione prima di ricevere il compito di guidare il timone della barca per portare i fratelli all’altra riva. Non basta il coraggio, non basta la fiducia; bisogna guardare in faccia a Lui. Avvicinandosi al ferragosto, quando tutti siamo dispersi, una cosa ci unisce: quest’Uomo ci tiene uniti da questo annuncio di speranza: “Coraggio, sono Io non temete non abbiate paura”.