Perché dovunque l’America metta piede (Iraq, Libia ecc.) si producono terrorismo, fondamentalismo e instabilità? Perché Luca Cordero di Montezemolo ha ricevuto 27 milioni di liquidazione (una cifra inimmaginabile, impossibile, assurda)? Perché l’Isis è piena di infiltrati inglesi, italiani, americani? Perché ammazzano le suore, che non sono pericolose per nessuno? Perché il più grande Apple Store del mondo aprirà a Dubai? Perché le nuove Ferrari montano sistemi informatici Apple? Perché i giornalisti sportivi riescono a parlare solo di Balotelli? Perché l’Italia è l’unico paese che non riesce a uscire dalla crisi? Che differenza c’è tra “provvigione” e “tangente”? Perché il povero ragazzetto ucciso a Napoli deve diventare a tutti i costi un eroe? Perché il poliziotto suo uccisore (un altro povero ragazzo) deve essere consegnato alla folla o ai suoi capi? Perché (camorra a parte) questo bisogno generale di assassini e di eroi? 

Ogni giorno che passa divento sempre meno intelligente, i miei neuroni superano la data di scadenza. I talk show mi riempiono di spiegazioni, di tabulati, di quadri generali, di interpretazioni tutte diverse e tutte indiscutibili, e io sempre più cerco qualcuno con cui discutere davvero, con cui scambiare il solo bene prezioso rimasto nella confusione generale, in mezzo a tutte queste cose troppo grandi, a questi depistamenti troppo ben congegnati perché io possa recuperare la giusta versione dei fatti, il reale svolgimento degli eventi. 

Questo bene prezioso è la mia esperienza, ciò a cui io posso dire sì o no, non perché ne sento parlare, non perché ascolto o leggo un discorso, un’interpretazione, ma perché esiste, perché constato che esiste. 

Siamo talmente ostaggio dell’astrazione, del virtuale, da aver modificato anche la nostra idea di ciò che “esiste” o “non esiste”. La stessa esperienza del passato, quello che abbiamo imparato, quello che ci è stato comunicato da volti stimati e amati rischia di trasformarsi in un discorsetto che, applicato alla realtà, risulta alla fine deludente come tutti gli altri, come tutti quelli che pensavamo di combattere, come dice una famosa canzone di Claudio Chieffo (un genio tuttora incompreso dai più): i nemici di un tempo/ tornano vincitori. Com’è vero! 

Anche la fantasia e l’immaginazione cambiano, perché anche quando immaginiamo noi possiamo essere concreti o astratti (non è il non-immaginare, il non-fantasticare che ci rende concreti, ma il modo). Un videogioco non è come Paperino, perché il primo nasce da un’astrazione (un mondo binario, dove o sei buono o sei cattivo), il secondo da una geniale riflessione sull’esperienza umana (la forza distruttiva della presunzione). 

Ma allora, a chi posso dire sì o no con sicurezza?

Solo a qualcuno che mi sta davanti, qui e ora, a una presenza da seguire, a cui io possa consegnare la mia vita. Per questo Gesù ci insegnò a chiamare Dio col nome di Padre. O è Padre, o la vita non regge, va in confusione di fronte agli urti della realtà, alla quale la nostra mente piena di discorsi astratti (magari anche giusti ma comunque astratti) non sa far fronte. Chi non capisce in quale difficoltà si trova l’uomo, oggi? Non in Africa o in Asia centrale, ma qui, a casa nostra. Quando, di fronte a una malattia, a un tracollo economico, a un errore commesso in passato che torna a galla nel presente nessun discorso, nessuna analisi ha più il minimo senso. 

L’uomo che sa queste cose giudica tutto, ma non ha fretta di giudicare. Non getta il proprio discorso addosso ai fatti, ma li lascia esistere, maturare, parlare. Quello che spero per me stesso è questo: non di essere un bravo interprete degli eventi, ma di avere sempre davanti qualcuno che mi insegni ad amarli, qui e ora. Il resto è ideologia.