Scuola, i giovani non aspettano

Per i ragazzi che nelle prossime settimane entreranno in aula, scrive SALVATORE ABBRUZZESE, questi anni saranno un momento irripetibile. Chi deve fare le riforme ne tenga conto

I problemi della scuola italiana si trascinano irrisolti da decenni. Per quanto ogni sforzo in questo settore sia più che lodevole e chi lo compie meriti sempre il più sincero rispetto, è indubbio come le dimensioni dei problemi, misurabili in termini non solo di estensione del precariato ma anche del degradarsi dell’intero settore a semplice serbatoio occupazionale di riserva, abbiano raggiunto livelli tali da preoccupare chiunque. 

Tuttavia, se a tutti appare chiaro quanto i problemi della scuola italiana, con la loro ampiezza e la loro coriacea resistenza a qualsiasi tentativo di risoluzione, probabilmente non saranno risolti con facilità, non va dimenticato che, per i ragazzi che tra qualche giorno entreranno nelle aule scolastiche, tutto si gioca nel presente e si concluderà nel breve arco di pochi, pochissimi anni. I loro quindici-diciotto anni scorrono proprio ora, nel bene come nel male. La loro disponibilità e il loro entusiasmo si attivano proprio in questi pochi anni scolastici che hanno a disposizione, né potrebbe essere altrimenti. Lo si voglia o no, a questi ragazzi non sarà data la possibilità di attendere i tempi lunghi dell’elaborazione politica e delle trattative sindacali. Non potranno fermarsi in attesa di quella riforma pesante del percorso di formazione dei docenti, dove non solo i contenuti, ma anche i metodi di comunicazione e di trasmissione, accanto ai processi di selezione e controllo, saranno calibrati (si spera) con cura. 

Infatti, comunque vadano le annose questioni che ruotano intorno a una riforma sempiterna, per tutti i ragazzi che entreranno in aula nelle prossime due settimane questi anni costituiranno l’unico momento per conoscere ed acquisire, in modo sistematico e coerente, un intero patrimonio culturale. Conoscenze fai-da-te, internet e lezioni on line alle quali molti di questi, a loro spese, avranno comunque accesso negli anni successivi, non restituiranno che una piccola parte di quell’ingente patrimonio culturale che i programmi scolastici prevedono e che i docenti si impegnano a trasmettere nei prossimi mesi. Da questo percorso dipenderanno non solo le conoscenze concrete della generazione attuale di studenti, ma anche la percezione d’insieme dei diversi saperi che questa finirà inevitabilmente con l’acquisire: entusiasmo e indifferenza, curiosità e stupore, noia e rifiuto costituiranno, lo si voglia o no, il sedimento del percorso formativo, il tratto unificante che ne contrassegnerà gli anni trascorsi a scuola e si depositerà nei loro animi.

Un tale percorso formativo non sarà solo la conseguenza delle tecniche impiegate, né l’esito delle sole, e imprescindibili, competenze delle quali l’insegnante si sarà dotato. Accanto a questi fattori ci sarà soprattutto la qualità della relazione educativa, del legame culturale che docenti e alunni saranno riusciti a sviluppare ed a far crescere.

La qualità di questa relazione, il rispetto e la stima della quale l’insegnante verrà circondato in base a ciò che sarà riuscito a trasmettere ed a come lo avrà trasmesso, saranno a fondamento dell’interesse verso la stessa disciplina che insegna. Competenze e metodo non fanno che sommarsi alle motivazioni ed all’impegno; contenuti e cuore, lo si voglia o no, lavorano l’uno accanto all’altro.

Gran parte della grossolanità e dei vistosi errori di conoscenza che così spesso raccogliamo nei discorsi comuni, tanti riduzionismi ideologici, tanti pressapochismi concettuali – tanto più sconcertanti quanto più proferiti in perfetta buona fede – hanno la loro origine non solo nelle mancate acquisizioni formative, quanto nella leggerezza e nella superficialità delle relazioni educative che si sono insediate nel periodo scolastico; ogni futura superficialità, ogni banalizzazione, ogni riduzionismo ne rappresentano i risultati inevitabili. 

La posizione che i ragazzi elaboreranno nei confronti del nostro patrimonio culturale, la loro disponibilità a difenderlo e ad approfondirlo saranno le conseguenze dirette non solo di cosa verrà loro insegnato nei prossimi pochi anni di permanenza a scuola, ma anche del rapporto educativo nel quale saranno presi. Da questa relazione dipenderà l’affezione o la disaffezione, l’entusiasmo o l’indifferenza che li contrassegnerà e con le quali l’Italia farà i conti nei prossimi anni.

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