Come al solito ormai, le notizie internazionali mi provocano, mi riempiono di sdegno e paura, e mi fanno venir voglia di dedicarmi alla distruzione di elementi inaccettabili per la convivenza umana. Oltre alla situazione sempre critica di Siria e Iraq, oltre ai gesti contro la minoranza cristiana in Pakistan, alle stragi continue di Boko Haram in Nigeria, i massacri di cristiani degli Shabaab in Kenya, siamo ora di fronte ai fatti di sangue accaduti in Francia questa settimana, questa volta non contro cristiani ma contro laici ed ebrei. Tutto questo nel nome dell’islam. Come rispondere?

Nel cercare la risposta dentro di me, mi rivedo come un giovane di 24 anni che, uscendo dalla prima visita a un campo di concentramento nazista e infiammato dall’educazione ricevuta dalla mamma ebrea, grida dentro di sé furiosamente: “Mai più! Facciamo tutto ciò che è necessario a chiunque ci minaccia, ma mai più permettiamo queste cose!”

Qualcosa o qualcuno però mi ha cambiato. La mia ultima visita a un campo di sterminio nazista è stata un paio di anni fa. Ero con un gruppo di persone diviso al suo interno nelle reazioni alla visita. A quelli che si infuriavano e accusavano i nazisti di essere come bestie non appartenenti alla razza umana ho fatto questa domanda: “Non avete forse mai detto in cuor vostro, ‘La vita della società sarebbe molto più bella è pacifica senza questo gruppo o quell’altro gruppo?’ Allora, mi sembra che in fondo i nazisti abbiano seguito questa posizione fino al suo limite estremo, mettendo in pratica qualcosa che sta dentro ciascuno di noi”.

E adesso mi trovo davanti la stessa tentazione di fronte a una parte della comunità musulmana. Sono tentato di rifiutare totalmente questi jihadisti, di escluderli da quella razza umana che merita la mia compassione. Ma c’è una voce che non mi permette di rimanere in questa posizione.

Ieri nel Cenacolo sul Monte Sion, dove Gesù ha mangiato la sua ultima cena con gli apostoli prima della sua passione e della sua morte, mentre leggevo il Vangelo coi miei compagni un paio di musulmani hanno cominciato a recitare le loro preghiere dentro la sala a voce alta e hanno cercato di zittirci dicendoci di non leggere il Vangelo durante la loro preghiera. Mi è venuta la tentazione di reagire e di farli uscire, invece mi sono chiesto come fare ad andare avanti nonostante tutto. Abbiamo continuato a leggere il Vangelo, ma non in guerra con loro. 

Oggi ho pregato due volte davanti alla roccia della crocifissione di Gesù sul Monte Golgota nella Chiesa del Santo Sepolcro in Gerusalemme e ho anche celebrato la Messa lì. Cosa ho visto? Ho visto la risposta di Dio a una razza che non merita la Sua compassione, ma ne ha assoluto bisogno. Ho visto e ho sentito qualcuno che mi invita a cominciare a vivere per la casa di Suo Padre, che non può essere distrutta. Mi ha invitato a non avere paura di andare verso l’incontro con chiunque. Mi ha detto di non essere troppo preoccupato a costruire la mia casa comoda qui sulla terra, ma di investire tutto, ogni incontro e ogni desiderio, nella condivisione con Gesù, che è venuto a portarci alla casa del Padre.

Le esigenze della giustizia ci chiamano ed esigono il nostro impegno. Tuttavia, questo non deve essere fatto con l’illusione di costruire il nostro mondo secondo i nostri gusti, ma come un investirci nella vita promessa a noi da Cristo risorto. Infine, nell’affrontare questo pericolo la vera questione per noi non è che cosa c’è da eliminare dalla società o dalla terra. La questione è se abbiamo qualcosa che vale la pena di affermare anche davanti a tali bestialità. Oggi ho visto la risposta a questa domanda.