Ferma restando la più ferma condanna per chi risponde alle offese massacrando chi offende, e ferma restando la più incondizionata solidarietà umana (o meglio, la più incondizionata compassione) per le vittime e i loro cari, non c’è dubbio che il diritto alla libertà implica anche il dovere del rispetto e della responsabilità. Perciò — passati i giorni in cui qualsiasi precisazione avrebbe potuto venire scambiata per un’indulgenza verso l’odioso crimine — è giusto cominciare a dire chiaramente che non c’è bisogno di essere Charlie per esecrare il massacro dei redattori di Charlie Hebdo.
Chi è ben convinto che libertà, rispetto e responsabilità debbano per natura loro andare di pari passo non può fare proprio il motto “Je suis Charlie”. Ciò detto, vale poi la pena di aggiungere che — in quanto luogo principe (malgrado tutte le sue ombre) della libertà e del diritto nel mondo in cui viviamo — l’occidente potrà persistere solo nella misura in cui continueranno o torneranno ad innervarlo forze spirituali e culturali ben diverse dal nichilismo beffardo che ha in Charlie Hebdo la sua bandiera.
Quali possono essere innanzitutto tali forze? Più che dall’interno dell’Europa esse ci vengono paradossalmente indicate proprio dalle reazioni che nel mondo musulmano si sono registrate in queste ultime settimane a seguito della scelta dei redattori superstiti del settimanale parigino di continuare a pubblicare vignette che irridono Maometto. Ovunque nel mondo dei musulmani sono scesi in piazza per manifestare violentemente contro tale iniziativa hanno soprattutto preso di mira chiese cristiane, proprietà di cristiani se non anche persone. Raggiunto l’altro ieri per telefono da Radio Vaticana, l’arcivescovo di Niamey, capitale del Niger, stato dell’Africa sahariana dove l’islam è la religione di gran lunga maggioritaria, ha detto che, durante le manifestazioni scoppiate nel suo Paese alla notizia che Charlie Hebdo aveva di nuovo pubblicato vignette che irridono Maometto, almeno dieci persone hanno perso la vita e almeno 45 chiese sono state date alle fiamme. La cattedrale cattolica della capitale non è stata ancora colpita soltanto perché viene presidiata da forze dell’ordine. “Sono persone manipolate dall’esterno”, ha aggiunto l’arcivescovo, “ma poi è ovvio che la caricatura di Maometto moltiplicata in decine di milioni di copie fa dire alla gente di qui: sono i cristiani d’occidente che ci fanno questo!”.
Malgrado infatti due secoli e mezzo siano già trascorsi da quando, con lo scoppio della Rivoluzione francese, si sia avviato un potente processo di censura, anzi di rifiuto delle radici cristiane dell’occidente, esse restano tuttora l’elemento caratterizzante della nostra cultura e del nostro modo di vivere. Per chiunque ci guardi dall’esterno tale stato di cose è evidentissimo. D’altra parte, al ritorno da una permanenza minimamente consapevole in Paesi di altra tradizione, chiunque di noi non fatica a rendersene conto.
Non conta perciò che su Charlie Hebdo siano state in passato pubblicate vignette contro Gesù Cristo, contro la Trinità e contro il cristianesimo in genere anche molto più blasfeme di quelle riguardo a Maometto. Malgrado tutto, agli occhi del resto del mondo le radici cristiane dell’Europa sono tuttora più forti degli sberleffi voltairiani del settimanale parigino. E a migliaia di chilometri da Parigi gente come i cristiani del Niger ne fa le spese.
La realtà di tale stato di cose dovrebbe indurre a qualche salutare riflessione le varie aree culturali in cui si articola oggi la società europea. Gli eredi dell’Età dei Lumi farebbero bene a riscoprire che la libertà di opinione e di stampa è un diritto che deve venire coniugato, come si accennava, con il dovere del rispetto e della responsabilità verso gli altri. Dopo la strage dei redattori di Charlie Hebdo il ministro francese della Giustizia, Christiane Toubira, ha affermato che l’irrisione della fede altrui rientra nella sfera della libertà di opinione e di stampa. Visto che non l’aveva finora capito auguriamoci che quanto è accaduto in Africa e altrove dopo l’uscita del nuovo numero della rivista cominci ad aprirle gli occhi.
Per parte loro i cristiani devono cominciare a rendersi conto che, malgrado tutte le sue pretese, la cultura erede dell’età dei Lumi ha fatto dell’occidente qualcosa che si fonda su pilastri di matrice cristiana a consumazione. Su principi e su valori cioè che, staccati dalla loro base, si consumano esaurendosi. Se continua avanti così va a fondo per crollo dall’interno prima che per urto dall’esterno. E se non gli diamo una mano noi non gliela dà nessuno.