Il 2014 è finito portando nelle nostre case l’esperienza e le immagini di una delle più grandi tragedie accadute nel nostro mare.
Protagonisti di questo evento, di soccorso e di salvezza, sono stati gli uomini della Marina militare, medici e chissà quante persone che sfidando il vento fortissimo, il mare a forza otto, sono riusciti a salvare dalle fiamme, dal gelo, dal rogo, dal congelamento centinaia di persone della Norman Atlantic.
Ogni giorno altre navi, altri profughi, altre scene di disperazione ma anche di accoglienza umanissima che accadono sotto i nostri occhi ci invitano in questo inizio d’anno nuovo a riflettere sul tema della salvezza. Di che cosa hanno bisogno i naufraghi sul traghetto andato in fiamme, o sui barconi stracolmi di profughi che vendono tutto ciò che hanno pur di fuggire dalla fame e dalla morte, dalle persecuzioni e dalle guerre?
Ogni giorno assistiamo a queste scene apocalittiche, e Dio non voglia che ci facciamo l’abitudine, perché dentro questi avvenimenti si incontrano il bene e il male, la lotta perenne tra Cristo e Satana, tra la bontà e l’eroismo dei soccorritori e l’egoismo e la crudeltà di chi se ne approfitta.
Come non vedere in questi avvenimenti il segno di quella salvezza che Gesù, il Salvatore, è venuto a portare, ma che gli uomini ancora in gran parte rifiutano?
“Venne tra la sua gente e i suoi non l’hanno accolto” dice il prologo di san Giovanni che domani viene letto in tutte le Chiese del mondo. Come le ascolteremo queste parole del vangelo? C’è un altro naufragio, ed è quello del nostro io, della nostra personalità, che non sa più riconoscere in quale pericolo ci troviamo; è il nostro io frammentato, disperso, incapace di riconoscere le più elementari evidenze dentro quel Mistero di Dio che si chiama famiglia, vita, morte…
“Vita, vita, vita” grida Ingrid, la protagonista del film di Dreyer Ordet nel momento in cui la fede del “pazzo” Johannes e la preghiera della bambina innocente ottengono il miracolo. Tra le centinaia di interviste che abbiamo seguito in televisione nei giorni scorsi, mi ha colpito ciò che ha detto un nostro militare, anche lui salvato dal pericolo dell’asfissia totale: “Questa che mi è stata ridata è una seconda vita”. Finalmente! Bisogna essere a un passo dalla morte perché la ragione torni a funzionare, perché il cuore veda ciò che è evidente: che la vita non ce la diamo noi. Ma non perdiamo tempo a scandalizzarci di questo povero mondo senza la fede, di quanti non si pongano neanche più il problema della fede. Bisogna fare ciò che hanno fatto i primi cristiani: ricostruire il cristianesimo.
Poco tempo fa, al termine di una processione eucaristica che si celebra ogni domenica in un santuario mariano del Piemonte, ad Oropa, un signore esclamò: “Bello questo gesto, ma cos’era quella clessidra (sic!) che teneva in mano il prete?”. Tanti battezzati non accolgono Cristo perché non sanno più chi è, e i loro occhi riconoscono solo le evidenze della moda e della pubblicità. Bisogna ripartire dall’esperienza. Per questo ho voluto riprendere il dramma della Norman Atlantic che ha fatto così notizia, e di tutti i barconi che svuotano nel “cimitero” del Mediterraneo o dell’Adriatico tanti nostri fratelli, che non arriveranno mai a mettere i piedi sulla terraferma.
Nella lettera di san Paolo che si leggerà domani, l’Apostolo scrive: “Il Padre illumini gli occhi del nostro cuore (sì, proprio così, gli occhi del nostro cuore) per una più profonda conoscenza di Lui e per farci comprendere a quale speranza ci ha chiamati”. Quando Lui è venuto, è nato, il figlio di Dio, l’hanno riconosciuto i cuori dei pastori, degli anziani Anna e Simeone, dei Re Magi, gli occhi e il cuore di Maria e di Giuseppe, e poi Andrea, Giovanni… fino a noi. Hanno riconosciuto il salvatore del mondo e gli hanno sorriso di gratitudine. Di tutte le immagini che nei giorni passati la televisione mandava in onda, quella che entrerà con me nel 2015 è il volto sorridente di un bambino che viene tirato su con il verricello da un soccorritore nella barella insieme a sua mamma. Peccato che la telecamera non abbia inquadrato il militare che lo soccorreva e tranquillizzava mamma e figlio con l’ok della mano. “Siamo stati sommersi dai ‘grazie’ della gente che tiravamo su, dieci, venti per volta”, diceva uno dei comandanti dell’operazione di soccorso.
“Come si è fatto piccolo incarnandosi, così si è mostrato grande nella bontà; e mi è tanto più caro quanto più per me si è abbassato” (san Bernardo).
Chi non incontra più Cristo con gli occhi della fede lo incontra nella bontà degli uomini, che ormai si prodigano senza sosta per salvare chi è in pericolo. Possano gli occhi del nostro cuore riconoscere tra tanti salvatori “il” Salvatore che si è fatto piccolo bambino per salvarci, e i nostri occhi gli sorridano come quelli del bambino quando si è sentito al sicuro sull’elicottero. Non si vede bene che con il cuore.