Gli spiriti inquieti

Giovedì 15 ottobre 2015 ricorreva l'anniversario della nascita di don Giusanni, educatore, sacerdote e fondatore del movimento di Comunione e Liberazione. PRIMO SOLDI

Giovedì 15 ottobre, anniversario della sua nascita, la città di Torino ha intitolato a don Luigi Giussani un giardino, sito in Piazza Gozzano, nel luogo in cui negli anni sessanta i primi giessini, allievi di don Bernardino Reinero (chiamato da tutti “il Berna”) si incontravano, prima di entrare al liceo Segrè, a recitare le lodi. Don Giussani, educatore e sacerdote appassionato, fondatore del movimento di Comunione e liberazione, è l’uomo che al Meeting di Rimini, nel 1985, quando intervenne a parlare sul tema “Dio ha bisogno degli uomini”, disse “Vi auguro di non stare mai tranquilli”. Don Giussani fin da ragazzino ha cominciato a sentire uno struggimento che la sua vita non fosse inutile… qualsiasi cosa il Signore gli avesse chiesto, avrebbe offerto tutto di sé, perché la sua vita potesse essere utile al mondo, come ha detto di recente don Julián Carrón. Questa passione per la gloria di Cristo si traduceva concretamente nel trasmettere ai giovani l’annuncio di un cristianesimo in tutto aderente alla vita: questa era la sola ambizione che animava ogni istante della sua esistenza. Se gli apostoli Giacomo e Giovanni chiedono a Gesù di poter sedere uno alla destra e l’altro alla destra del suo regno (cfr. il vangelo di domenica 18 ottobre), Egli risponde che quei posti saranno concessi a coloro che lo seguiranno nella sua passione, nel consumare la loro vita per far conoscere e amare Lui, anche se questo costasse la persecuzione e la morte.

In questi giorni nelle librerie cattoliche sono in cima alle vendite due libri di due uomini, diversi tra di loro, ma uniti dalla stessa passione e dalla stessa inquietudine di annunciare al mondo il Vangelo di Cristo.

Dio o niente (Cantagalli) dell’attuale Prefetto del Culto divino, cardinale Robert Sarah, e La Bellezza disarmata (Rizzoli) di don Julián Carrón, presidente della fraternità di Comunione e liberazione e successore di don Giussani. Due uomini con due percorsi diversi, l’uno proveniente da uno sperduto villaggio della Guinea (Africa) e l’altro da un paesino dell’Estremadura (Spagna): il primo incontra da bambino i missionari Spiritani che gli fanno conoscere Gesù, l’altro, sacerdote e docente di Sacra Scrittura nella Facoltà San Damaso di Madrid, incontra negli anni ottanta don Giussani. Robert Sarah a 33 anni è nominato arcivescovo di Konakri da Paolo VI e sarà il più giovane vescovo del mondo, l’altro sarà il successore di don Giussani alla guida di Comunione e liberazione. Entrambi sono bruciati non dall’ambizione della carriera ecclesiastica, ma dalla grande passione-inquietudine di annunciare il Vangelo. 

Il cardinale Sarah guida la Chiesa in Guinea negli anni della feroce dittatura di Sekou Tourè e ora presiede in tutto il mondo la disciplina del vero culto da rendere a Dio, cercando di riformare la riforma liturgica voluta dal Concilio Vaticano II, riportandola al vero spirito auspicato da Paolo VI. Nel suo libro intervista non si sottrae a nessuna domanda circa le sfide che la Chiesa deve affrontare  in questi tempi. 

Questa passione si può anche chiamare “bellezza disarmata” perché l’unica forza, l’unica “violenza” che può fare il cristianesimo è una bellezza attrattiva che fa riemergere una sana inquietudine nel cuore dell’uomo. In una recente intervista al Tg2, don Julián Carrón dà una testimonianza impressionante di come il cristianesimo può colpire l’uomo d’oggi, quando la fede ritorna ad essere la modalità sovversiva e sorprendente di vivere le solite cose, cioè quel quotidiano che taglia le gambe, come scriveva Cesare Pavese. Ciò avviene quando il cristianesimo riesce a comunicare l’intensità, la luce, la passione, l’amore di Cristo all’uomo che si alza al mattino per andare al lavoro o a quello che è ammalato in un letto, a chiunque in ogni circostanza. Alla domanda che gli pone il giornalista: ma oggi si può vivere senza Cristo? Don Carrón risponde: bisogna intendersi su che cosa significa vivere, perché si può anche sopravvivere o, come direbbe il poeta Eliot, si può perdere la vita vivendo o guadagnare la vita vivendo.

A chi è poi colpito dalla preferenza riservata a certi spiriti inquieti come Pasolini, Testori, Pavese, Leopardi (don Giussani arrivò a dire che Pasolini avrebbe potuto diventare uno dei capi di Cl), don Carrón risponde: “Per quella impressionante vibrazione umana che c’era nella loro vita”. 

L’intervista si conclude con una frase di Guccini: “Io non sono veramente io, quando non ci sei Tu”. Senza la compagnia di Cristo l’uomo vive solo dei suoi pensieri, delle sue ambizioni o persino della sua violenza. Tutto è insufficiente e troppo piccino senza questo rapporto con Cristo. Nel gigantesco bazar dello spirito che c’è oggi, la proposta cristiana risulta ancora vincente quando è in grado di prendere il cuore, quando è così reale da essere utile in famiglia, al lavoro, in tutto quello che si fa. 

Karol Wojtyla a 21 anni, in un contesto di violenza e di cattiveria, diceva: “Signore, ti metto a disposizione la mia vita per aprirti strade nella storia degli uomini”. E l’ha fatto. Oggi il mondo sta vivendo nuovamente momenti bui. Dobbiamo fare come lui. Dio ha bisogno di uomini così, che non stiano tranquilli in questa epoca di micidiale torpore.

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