Ieri una donna è venuta da me sconvolta, come lo siamo un po’ tutti, dopo fatti di Parigi. “E tutti quei giovani, che sono stati uccisi ma che non avevano fatto nulla per meritare la morte?”. Primo — le ho risposto — me lo auguro davvero che non avessero mai fatto nulla da meritare la morte. Io, personalmente, non lo posso affermare per me stesso. Secondo, forse non hanno fatto niente per meritare la morte, ma che cosa hanno mai fatto per meritare la vita?
Con questa risposta non volevo certo in nessun modo ridurre il senso di oltraggio o di tragedia che ci invade davanti a tante vite spezzate dalla morte o davanti a delle ferite gravi subite, fisiche o psicologiche. Volevo invece aiutarla a guardare più lontano per poter orientarsi verso il bene in mezzo alla tempesta di violenza e di paura in cui la vita ci immerge. Intendevo guidare il suo cuore verso un orizzonte che mette tutti gli avvenimenti della vita dentro un contesto liberante, il contesto della salvezza, la vita eterna. Cioè introdurla all’esperienza dell’Avvento.
La vita non è un possesso nostro, guadagnato con la nostra bontà, ma un dono gratuito, offerto per orientarci a un rapporto amoroso col donatore. Il peccato, cioè la ribellione del cuore umano davanti alla sproporzione del rapporto, ha oscurato questo rapporto. Perciò lo scopo del vivere non può consistere in tanti anni di vita, godendo di buona salute e con la soddisfazione di aver fatto casa, figli e nipoti: lo scopo della vita è il recupero di questo rapporto, e nessuno di noi può sapere che cosa è stato offerto al cuore di questi giovani nel loro momento finale, in cui forse si sono rivolti alla misteriosa origine dell’essere chiedendo misericordia.
L’Avvento è un tempo dato a noi, ogni anno, per riscoprire l’orizzonte vero dell’esistenza, e perciò una percezione vera e proporzionata della nostra vita. L’orizzonte è l’eternità. Per chiarire questo concetto ho usato ieri l’esempio seguente. Da piccolo vidi un film di Disney tratto da un libro di avventura del 1812 scritto da Johann David Wyss intitolato “Robinson nell’isola dei corsari”. Una famiglia svizzera che emigra alle isole olandesi del Sud Pacifico sopravvive a un naufragio insieme con una fanciulla di un’altra famiglia, e finiscono tutti su un’isola deserta. La famiglia è fatta dei genitori, tre ragazzi adolescenti — due maschi e una femmina — e un bambino piccolo.
Dopo tanto lavoro e avventure i due ragazzi cominciano a corteggiare la fanciulla bloccata con loro. La scena finale vede i due fratelli che si picchiano furiosamente cercando di eliminare il rivale. In quel momento il bambino comincia a gridare “Guardate! Guardate!”. Alzando il capo vedono lì, davanti all’isola, un nave olandese venuta a prenderli: sono salvi! Da un momento all’altro tutto è dimenticato, tutti si guardano l’uno l’altro con gioia ed affetto. All’orizzonte vedono la salvezza vicina. Tutto è diverso. L’amore è possibile ora.
Il ritorno di Cristo e la vita eterna è l’unico orizzonte che riscatta la nostra umanità. L’avvento, preparandoci al Suo ritorno, ci fa alzare lo sguardo a questa salvezza vicina. Il primo contributo a un mondo migliore è ricuperare questo orizzonte.