Nozze gay, ciò che viene prima

La proposta di legge sulle unioni civili trascina tratti tecnici ampiamente discussi. Meno dibattuti ma non meno importanti sono alcuni elementi "che vengono prima". CARLO BELLIENI

La proposta di legge sulle unioni civili trascina tratti tecnici ampiamente discussi. Meno dibattuti ma non meno importanti sono alcuni elementi “che vengono prima”, e che inquadrano il problema, dando un’idea delle basi e della storia su cui sorge. Li sintetizzo con tre termini: sufficienza, autosufficienza e insufficienza. 



Il primo tratto è la “sufficienza” con cui la tensione improvvisa che da nemmeno dieci anni percorre l’occidente per mostrare la parità e interscambiabilità di tutti i tipi di convivenza affettiva guarda il resto del mondo; cosa buona se si vuole evitare una discriminazione, ma così pervicace: richieste ai governi, ma anche film, canzoni, testimonial, casi-limite, proprio come si fa con il lancio di un prodotto, cosa che in sé può essere a buon fine, ma sembra tanto studiata a tavolino. Ricorda (e ci spiacerebbe se fosse così) il metodo di vendere creando il bisogno; o ricorda quando nel 2000 tutti gli italiani improvvisamente erano diventati esperti di navigazione a vela (fu un boom!) per le regate di Coppa America di cui non si interessavano prima, e di cui smisero di interessarsi il giorno dopo. E’ il tanto parlare di questi temi una reale presa di coscienza sociale o buona propaganda? 



Il secondo tratto è che il giusto parlar di accettare chi è “diverso per genere”, può offuscare il parlare di chi è diverso per sesso. Chi si ricorda più della fiammata di indignazione che portò nel 2011 a manifestare le donne in difesa dell’immagine del corpo femminile in tv? Come se il problema si fosse risolto (ma non si è risolto!) o non fosse diventato più appetibile; ma soprattutto un paradosso: è come se con il parlare dei diritti di chi ama l’omologo a sé, si trascurasse di parlare di chi non è “uguale a sé” sessualmente, l’uomo per la donna e viceversa. E il dilemma delle adozioni da parte di coppie maschili adombra il rischio di rientrare nella logica di autosufficienza maschile (storicamente rappresentato dal mito della nascita di Atena da Zeus).



Ultimo tratto è la “insufficienza” dell’attenzione al sociale in un mondo dove pare che contino solo i diritti individuali: si parla tanto di diritto a come “io” posso avere un figlio (magari da una donna che si presta a generarlo e non riconoscerlo) o come “io” posso sposarmi (e con chi) e poco di come “noi” possiamo migliorare la nostra condizione di classe o “noi” possiamo cambiare l’azienda. Il progressismo di oggi è diverso dal progressismo di ieri in quanto il primo alza la voce per i diritti individuali, il secondo l’alzava per i diritti sociali. Diego Fusaro scrive che nell’attacco verso il modello atavico di famiglia risiede “il pensiero unico capitalistico”; il rammarico di antichi uomini di sinistra per la scomparsa dall’agenda politica dei diritti dei lavoratori e delle donne è sotto gli occhi di tutti. 

Purtroppo, questo livello pre-problematico viene tenuto lontano dal dibattito. Chi ne discute, farebbe bene a tenere presente questi tre punti per ricordare il passato e prevedere il futuro. 

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