“O Croce di nostra salvezza, albero tanto glorioso, un altro non vi è nella selva, di rami e di fronde, a te uguale”. Negli ultimi giorni della sua vita terrena l’invito a seguire Gesù, a prendere su di noi la sua croce si fa più pressante. Ognuno deve prendere la propria croce. La croce non è solo il richiamo inevitabile al dolore, alla sofferenza che ognuno porta nel cammino della sua vita, ma è un richiamo pasquale, come lo sono le gemme che spuntano sugli alberi in questi giorni, i fiori di mandorlo che annunciano la primavera, come ha ricordato papa Francesco agli amici di Comunione e liberazione.
Da più di trent’anni il Venerdì Santo la comunità di Cl di Torino si dà appuntamento alle ore 14 del pomeriggio davanti alla chiesa parrocchiale di Sant’Ambrogio di Susa e quando il campanile batte le due inizia il sacro rito della Via Crucis con letture, canti tramandati dalla passione per Cristo e dalla conoscenza che don Giussani aveva della musica, la polifonia sacra e uno degli autori a lui più cari, Péguy. In quelle stesse ore è tutto un popolo che si raduna nel mondo, dal ponte di Brooklyn a New York alle savane dell’Africa, dalla periferia di Londra o dalle città distrutte in Medio Oriente, da Gerusalemme a Roma, al Colosseo, luogo storico della memoria dei martiri di tutti i tempi: un popolo cammina dietro la Croce di Cristo, Salvatore del mondo. Domani è la domenica della gioia: “rallegrati Gerusalemme, rallegrati Chiesa tutta e voi tutti che l’amate”.
Per un giorno si abbandonano i paramenti viola e si indossano quelli dal colore rosaceo, simbolo della gioia per la Pasqua imminente. Dio ci ama in modo ostinato, ci avvolge nella sua inesauribile tenerezza. Il popolo di Israele passa attraverso la distruzione della città santa, del tempio, attraverso la pena dell’esilio che convertirà il cuore e li fa ritornare a Dio. Il Signore si servirà di Ciro, un pagano, per liberare Israele. Questo è il metodo di Dio anche ai nostri giorni: attraverso le prove e le persecuzioni sempre fa fiorire il mandorlo del suo perdono e della sua misericordia. Dalla quella Croce sgorga un perdono che nessuno potrà mai fermare. “Rex tremendae maie statis, qui salvandos salvas gratis, salve me fons pietatis” (Re di terribile maestà, che gratuitamente salvi gli uomini che hai voluto salvare, salva anche me o sorgente di amore). Al centro di questo tempo quaresimale sta la Croce di Cristo; in essa contempliamo la gloria del Signore che risplende nel corpo martoriato di Cristo.
Come rispondere a questa forma radicale di amore? Nicodemo è un rabbi affascinato da Cristo, ma condizionato da tutta l’avversione a Gesù che respira nel suo ambiente. Gesù dice a Nicodemo: “Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna”.
Quel serpente innalzato da Mosè è simbolo di Gesù che si innalza sulla croce a motivo del nostro peccato. Ma con la forza del suo amore, la croce da strumento di castigo per gli schiavi ribelli è diventata la manifestazione dell’amore più grande.
La gioia di questi giorni cresce con il crescere della nostra libertà che accoglie l’amore di Dio attraverso la croce, cresce per coloro che ce ne danno testimonianza, come Gianluca, 20 anni, ammalato di tumore contagia con la sua fede tutti coloro che lo incontrano. Conosciamo la sua testimonianza nel libro Spaccato in due, scritto a quattro mani da lui e dal suo amico sacerdote. Un dialogo a due voci che si snoda lungo le ventun lettere dell’alfabeto. Solo la pagina Z resta bianca perché, grazie alla malattia Gianluca scopre che siamo fatti per l’eternità (Avvenire, 11 marzo pag. 10). Quella strana gioia di Eugenio, Marilena, Michele, Giuseppina… la gioia degli ammalati sui quali si piega ogni mercoledì papa Francesco come Gesù oggi. Esattamente lo stesso. Le 24 ore per il Signore che il Papa ci ha chiesto in questi due giorni ci aiuteranno a pregare per tutti i testimoni gioiosi che conosciamo.