La Pasqua di Resurrezione è la scoperta stupita, è la sorpresa che l’abbraccio di misericordia è possibile, è una esperienza reale nella vita proprio perché la Resurrezione compie la croce. Sant’Ambrogio, commentando il salmo, dice: “ho sperato nella Tua parola, cioè che Tu venga, che Tu venga e prenda in braccio i peccatori, perdoni i nostri delitti, e metta come buon pastore sulle Tue spalle, questa pecorella affaticata”. 

Si potrebbe forse azzardare che la Resurrezione è l’anticipo su questa terra di ciò che sarà e che per questo è il diffondersi della misericordia come luce e come calore per questa vita. Non è affatto casuale che all’annuncio della Resurrezione, la notte di Pasqua sia associato il cero pasquale: luce e calore, conoscenza affettiva di Cristo.

A Pasqua sentiamo di nuovo il saluto che caratterizzava i primi cristiani quando si incontravano: “Cristo è Risorto!” Questo saluto è, appunto, un saluto di misericordia: l’annuncio che c’è qualcosa di più grande del male, della morte, della corruzione.

Come degli angeli avevano annunciato la grande novità: Dio si è fatto uomo, Dio è nato, la misericordia e il perdono, parola divina, è divenuta parola umana, così anche la Resurrezione è annunciata da angeli. 

E come allora l’annuncio era stato accolto e rilanciato da una donna, Maria, da degli umili, dei semplici, i pastori, così anche ora l’annuncio della Resurrezione raggiunge delle donne, che con semplicità ed anche con un certo stupore (“come faremo a rimuovere il sasso? Ma è già rimosso!”) lo accolgono e se ne fanno a loro volta annunciatrici. 

Questa esperienza di un abbraccio misericordioso che perdona, cioè riconcilia con se stessi, col proprio passato, e fa vivere, fa respirare, a me capita di sentirla fino a palparla nella notte di Pasqua, quando mi capita di battezzare, cresimare e comunicare all’Eucarestia qualche neofito per la prima volta. Attraverso il sacramento del Battesimo, della Cresima e dell’Eucaristia vedi proprio un essere che è acciuffato per i capelli da Cristo, fatto nuovo e unito a Sé da Cristo Risorto, e lanciato nel mondo a rendere testimonianza di cosa voglia dire essere stati forgiati nella fucina della misericordia e del perdono. 

La Resurrezione di Cristo è allora come “la garanzia” che la misericordia divina e il perdono non abbandoneranno mai più la storia, ma la percorreranno in lungo e in largo finché quel ribelle cocciuto che è l’uomo non si dirà vinto da questa somma debolezza che è più forte degli uomini. Questa certezza vince la disperazione, che decreterebbe invece la vittoria del male. E invece no, la misericordia annunciata dalla Resurrezione è il segno più evidente che l’ultima parola non la pronuncia il male, o quella connivenza col male che è il nulla, ma l’essere, la vita, il bene. 

Questo si vede molto bene nel cammino della Quaresima con le tappe che accompagnano coloro che hanno ricevuto Battesimo, Cresima e Eucaristica la notte di Pasqua. La liturgia di questi “passi” mostra in un modo impressionante ed evidente il progressivo distacco dal male, dagli idoli che caratterizzano la vita dell’uomo in ogni epoca, e il cosciente aderire al bene che è Cristo. Molto toccante in particolare è la liturgia dell’ultima domenica del cammino dei catecumeni, in cui il desiderio di essere uniti a Cristo diviene potentissimo proprio perché accompagnato al prendere coscienza delle prove della vita: e come sappiamo, la vita non concede sconti a nessuno.

È la possibilità diveniente realtà che più forte della morte è l’amore, più potente dell’odio è il perdono che offre una nuova chance anche all’omicida, al persecutore.

Quest’anno la Settimana Santa è stata particolarmente legata al ricordo e all’aiuto rivolto ai cristiani perseguitati nella Terre bibliche e cristiane del Medio Oriente, in Africa, in Asia. E abbiamo ancora una volta scoperto che il donare con letizia ci predispone a vedere il bene di cui siamo oggetti, la misericordia e il perdono che ci ricreano. 

Cristo è Risorto!