L’ex Premier spagnolo Felipe González continua a essere, almeno per alcuni, una specie di guru della vita politica nazionale. La scorsa settimana ha previsto che dopo le prossime elezioni la Spagna “sarà simile all’Italia, dove Renzi ha fatto un patto con Berlusconi, ma con lo svantaggio che non siamo italiani”, alludendo al fatto che i politici spagnoli sono poco abituati a stringere accordi.

Dopo le elezioni amministrative del 24 maggio, la Spagna assomiglierà all’Italia prima della riforma elettorale di Renzi. Non ci sarà una maggioranza assoluta nei vari enti locali, a meno che tutti i sondaggi non stiano sbagliando. Ci sono tre criteri evidenti riguardo le elezioni che ci saranno tra qualche giorno.

Conviene che non vadano al governo partiti che non mettano in pericolo la ripresa economica, con un tasso di crescita del Pil vicino al 3%. Non sembra altresì opportuno appoggiare quelle formazioni che direttamente o indirettamente vogliano mettere in discussione la Costituzione del ’78: certamente bisogna fare delle riforme istituzionali, ma senza che ci sia una discontinuità completa. Allo stesso modo, coloro che sono convinti che la sussidiarietà sia un principio importante dovrebbero votare quei partiti che nei diversi governi locali hanno favorito più chiaramente la libertà di educazione.

La combinazione di questi tre criteri porta il voto, in linea di principio, verso il Partido popular. Specie dopo che il Psoe ha espresso la propria intenzione di mettere in atto una controriforma dell’istruzione rispetto alla legge approvata da Rajoy; una legge che non risolve tutti i problemi della scuola, ma che almeno tutela la libertà di scelta dei genitori. Inoltre, dove ciò potrà garantire loro la vittoria, i socialisti non escludono un’alleanza coi populisti di Podemos o di Izquierda Unida.

Dunque la scelta sembra molto semplice. In realtà non è così, perché oltre ai tre criteri sopra detti ce n’è un quarto importante: il rinnovamento. La società spagnola si sente, a ragione, distante dal modo con cui i partiti principali (Pp e Psoe) hanno fatto finora politica. Si parla molto di rigenerazione democratica, ma sono stati compiuti pochi passi in tale direzione. La corruzione è stata ed è un flagello molto serio che mina la vita comune. Occorre una riforma elettorale simile al modello tedesco, di modo che gli elettori possano compensare le decisioni delle segreterie dei partiti. Quella del secondo turno sarebbe una buona formula. 

La partitocrazia deve lasciare spazio a un maggior protagonismo della società civile. Il Pp e il Psoe sono abituati a modi e metodi che li portano a essere distanti dai cittadini. E non sono stati capaci di raggiungere un patto per cambiare una forma di fare politica che ha seriamente impoverito la vita democratica. 

Il bisogno di rigenerazione è urgente. Ed è sempre più difficile quando i grandi partiti hanno un’ampia maggioranza. Obbligarli a raggiungere un patto non garantisce di per sé un cambiamento. Occorre una società che lo richieda attivamente. D’altra parte, però, questo tipo di cambiamento non è favorito da una situazione come quella che la Spagna sta vivendo da quattro anni, cioè da quando il Pp ha avuto in mano un potere mai visto a tutti i livelli dell’Amministrazione. I popolari hanno esercitato tali poteri come meri gestori, senza capire che l’economia non è tutto.

Il quarto criterio del rinnovamento non può essere utilizzato a prescindere dagli altri tre. E in questo senso c’è una novità interessante. Uno dei nuovi partiti, Ciudadanos, non mette in pericolo la stabilità economica, né la Costituzione, né la libertà di insegnamento. Di fatto corre nello stesso spazio politico finora occupato dai popolari. È un partito con parecchi limiti, è cresciuto troppo in fretta e nel suo programma non mancano proposte opportuniste. Occorre guardare pazientemente i candidati che presenterà nelle sue liste. Per la prima volta, però, compare una formazione di centro, non nazionalista, disposta a sostenere i governi del Pp e che può avere una buona rappresentanza, non solo simbolica. Alcune delle sue idee hanno aperto dibattiti che non si vedevano da tempo. 

Se in un comune o in una regione non è possibile il “patto delle sinistre”, votarle può essere un’opzione per favorire l’ingresso di aria fresca. Non si vota chi incarna le proprie idee, ma chi favorisce la libertà e il cambiamento necessari. Il voto richiede, ora più che mai, intelligenza e concretezza. Il caso di Madrid è esemplare. La candidata al governo regionale del Pp, Cristina Cifuentes, è forse una delle candidate di destra più lontana dalla tradizione democristiana, se questo significa ancora qualcosa. I sondaggi le danno una vittoria risicata per un solo deputato: conviene rafforzarla. Esperanza Aguirre, candidata sindaco della Capitale, conta su un vantaggio più consistente. Quelli che non gradiscono la sua forte personalità e le sue rivendicazioni liberali hanno a disposizione un’opzione (Ciudadanos). Forse si può risolvere diversamente, utilizzando i quattro criteri, il “caso pratico di Madrid”. Ci sono ancora alcuni giorni prima del 24 maggio per discuterne. Del resto esercitare il voto con intelligenza e senza automatismi richiede tempo.

Le alleanze, se sono rispettose della Costituzione, non risolvono tutto, ma forse aiutano. Dovremo incominciare a essere un po’ italiani.