In tempo di elezioni non c’è miglior lettura di Sant’Agostino. In una mano le schede con tutti i partiti e i candidati, nell’altra alcune pagine de “La città di Dio”. Anche se sembra scomodo, è il modo migliore, forse l’unico, per mantenere un certo equilibrio. E, soprattutto, per essere realisti.

L’Agostino de “La città di Dio” è un uomo maturo, che comincia a scrivere nel 412, due anni dopo che il Visigoto Alarico ha compiuto il Sacco di Roma. Non vuole offrire alcuna ricetta per fermare l’avanzata dei barbari, ma scrive per rispondere a chi ritiene che la caduta dell’Impero sia dovuta all’abbandono del culto degli dei pagani. Nessuna alleanza, quindi, tra religione e potere per fare da diga di contenimento.

Nelle sue pagine Agostino critica la teologia politica pagana, ma prende anche le distanze dalla posizione che, da Eusebio di Cesarea, aveva giustificato l’Impero cristiano. Agostino, quindi, si corregge, dato che anni prima aveva difeso l’uso del potere dell’Imperatore Onorio per fermare l’eresia del Donatismo. Ora sostiene che lo Stato deve solamente assicurare pace e libertà.

I tempi dell’eresia donatista, che metteva in discussione il valore della misericordia e della grazia, sono ormai lontani. Quel che c’è da affrontare ora è lo sfaldamento di una cultura derivata dall’Illuminismo più spavaldo che aveva creduto che l’uomo potesse, con le sue sole forze, tenere in piedi un progetto vitale e di convivenza. Il risultato di questo processo di sfaldamento antropologico potremmo definirlo, metaforicamente, una nuova barbarie.

Nei primi anni di questo secolo ci si è illusi che i governi di centrodestra nel Regno Unito, in Italia, Spagna, Francia e Stati Uniti potessero in qualche modo frenare il processo di dissolvimento dei valori occidentali. L’illusione è durata a lungo e molti ora si arrabbiano e si scandalizzano perché non si è fatto e non si fa abbastanza per difendere questi valori che sono propri dell’uomo “naturale”. Dieci anni dopo i risultati di questo abbaglio sono evidenti: abbiamo ancora sotto gli occhi quel che è successo con l’ultimo mandato di Cameron e quello che sta accadendo con Rajoy.

Le conseguenze di questa illusione vanno misurate con quel che in economia si chiama costo opportunità: investire e impiegare risorse in un determinato affare ti impedisce di dedicarle ad altri progetti. E nell’ultimo investimento abbiamo perso parecchio e ci siamo anche distratti abbastanza. Quanto prima ci accorgeremo che Alarico ha saccheggiato Roma, quanto prima useremo le nostre energie in qualcosa capace di generare un vero cambiamento.

In politica nulla è gratis. Il costo per la difesa dei valori e di una certa sicurezza è stato alto. La “lealtà” di coloro che ci sembravano buoni alleati ha richiesto di dimenticare i loro errori: uso inadeguato del potere, corruzione, economicismo, ecc. In questa posizione, inevitabilmente, si assume la logica del partito ed è molto difficile sottrarsi dalla dinamica amico-nemico. I nemici sono i promotori dei nuovi diritti, i “distruttori” della tradizione occidentale. L’intelligenza perde così un muscolo per comprendere l’umanissimo impulso che c’è dietro a queste rivendicazioni.

Per rileggere Agostino non c’è miglior guida di un suo grande discepolo: Ratzinger, ne “L’unità delle nazioni”, spiega che Agostino, in mezzo alle leggi di questo mondo, aspira a rendere presente la nuova forma della fede nell’unità degli uomini nel corpo di Cristo. Le leggi del mondo hanno continuato a essere tali, la novità è dall’altra parte. 

È ciò che in termini laici afferma Hannah Arendt ne “La promessa della politica”, quando spiega che il senso della politica è la libertà. Non una libertà qualsiasi, ma una libertà che abbia come contenuto il miracolo. “Possiamo solo dire che un cambiamento decisivo in direzione della salvezza può giungere solo per una sorta di miracolo”. “Il miracolo della libertà è nel saper cominciare insito nel fatto che ogni uomo in quanto per nascita è venuto al mondo […] è un nuovo inizio”.

La possibilità di un cambiamento si può trovare solo in un nuovo inizio. Giocando in difesa si perde sempre, votiamo per la libertà.