Cristiani perseguitati: la forza del perdono

In occasione della veglia di preghiera voluta dai vescovi italiani per i cristiani perseguitati, la riflessione di GIORGIO VITTADINI. Ecco come i martiri hanno cambiato la storia

Muoiono in ginocchio pregando Dio. Ringraziano l’Isis per aver fatto vivere loro la fede fino in fondo. Una bambina di 10 anni è visibilmente lieta, non incattivita verso chi ha causato tanto dolore nella sua famiglia costretta a scappare da casa. Sono quelli che per i potenti e gli aguzzini sono solo dei perdenti, ma in realtà sanno elevarsi ben al di sopra e oltre i loro stessi assassini. Sono i cristiani perseguitati, martiri dei nostri giorni. Dall’Africa all’Iraq, dal Pakistan all’India il loro sangue versato ci chiama in causa tutti. Esattamente come fece duemila anni fa Gesù Cristo, Dio fatto uomo, qualcuno muore perdonando i propri assassini. Come è possibile? Che cosa significa? Religiosi, laici e gente comune che parla di perdono, non cerca la rivincita, non chiede occhio per occhio, non aspetta di distruggere il nemico, ma ha una mansuetudine inconcepibile, sostenuta da qualcosa che dev’essere davvero grande.



Morire per il solo fatto della propria fede non è una prerogativa dei cristiani, i musulmani li seguono a ruota, vittime per lo più di musulmani di altre correnti. Anche i cristiani nella storia si sono resi protagonisti di azioni violente. Ma questo non toglie che quella strana bellezza disarmata è una costante della loro storia, fin dai primi secoli: in presenza di persecutori diversi, ma con lo stesso atteggiamento. In un’intervista rilasciata a ilsussidiario.net, Padre Mtanios Haddad, rappresentante a Roma di Gregorio III, patriarca della Chiesa cattolica greco-melkita di Damasco in Siria, diceva: “E’ l’occasione di una nuova testimonianza. La nostra presenza è minacciata a causa della fede, ma noi siamo lì, pronti a essere figli dei martiri dei primi secoli, orgogliosi di essere arabi e cristiani. Noi rimarremo nel Medio oriente. Lo ha detto il Papa: non si può immaginare un Medio oriente senza cristiani”. Ne I Fratelli Karamazov, uno dei capolavori della letteratura cristiana, alla radice stessa della civiltà, Dostoievski risponde al problema del male innocente, non con una teoria ma raccontando di bande di ragazzini mortalmente rivali che decidono di perdonarsi e vivere insieme superando gli argomenti di distruzione che li avevano divisi fino a poco prima.



I martiri cristiani nel corso dei secoli hanno cambiato la storia con la loro mitezza. Non è successo subito, ci sono voluti anni e anche secoli, ma in questo modo hanno cambiato il mondo. Come? Facendo della loro mansuetudine e del loro perdono lo strumento e il metodo di una convivenza pacifica tra diversi. Dalla visita di san Francesco al sultano in poi, gli esempi sono tanti, fino ad arrivare ai francescani di Terrasanta, al loro legame con musulmani ed ebrei per garantire la pace. I cristiani perseguitati vengono uccisi, ma non chiedono guerre sante, chiedono solo che sia garantito il loro diritto a esistere. Quante volte l’hanno chiesto, Giovanni XXIII, Paolo VI che si recò in Medio Oriente per primo, San Giovanni Paolo II venendo, ignorato dai potenti occidentali ai tempi delle inutili e disastrose guerre dell’Iraq.  



Papa Francesco poi lo fa praticamente di continuo, nei suoi discorsi e con i suoi viaggi. Sono esempi che non possiamo levarci dagli occhi, ma sono anche criterio per un metodo politico e diplomatico molto più efficace dei calcoli che hanno mosso le nazioni occidentali negli ultimi 25 anni.

Aiutare le comunità cristiane perseguitate a continuare a vivere quotidianamente e concretamente in pace nelle terre dove sono sempre state, con musulmani, ebrei, indù, ecc. è l’unico modo per costruire una pace duratura. Le “guerre sante” di Bush, le alleanze con gli stati fiancheggiatori del terrorismo e la pretesa di un’imposizione acritica della democrazia occidentale di Obama e della Clinton, la totale e patologica indecisione della comunità europea, ignorando la vita concreta dei cristiani, hanno favorito la crescita dell’Isis, dei fondamentalisti, dei signori della guerra, della violenza e dell’anarchia. Che popoli pacifici di cultura e religione diverse vivano fianco a fianco e che le loro differenze siano tutelate dalla Costituzione, come nel caso del Libano (nonostante quanto poi è avvenuto), è possibile. Ma la strada per arrivarci passa dal capire una cosa, ancora più sostanziale. Non solo i potenti (e confusi) della terra, ma ciascuno di noi ha la possibilità di accorgersi, guardando i cristiani perseguitati, che la loro mitezza non è debolezza imbelle, ma inesorabile e inattaccabile forza generativa di vita per tutti. Anche oggi dal sangue dei martiri nasce la civiltà per tutti.

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