Expo, piadina bio e Coca Cola

È spuntata una nuova fazione in Italia: quella degli spocchiosi dell'Expo. Ma sbagliano tutto, e infatti la realtà li smentisce: l'Expo è fatto per divertirsi. GIUSEPPE FRANGI

È spuntata una nuova fazione in Italia: quella degli spocchiosi dell’Expo. Sono coloro che quando affronti l’argomento mettono le mani avanti e iniziano con la geremiade delle occasioni mancate: coloro che si indignano perché il tema non è stato rispettato dai più, che denunciano una preponderanza delle logiche da luna park. Ci sono poi quelli che si lamentano perché i discorsi seri e impegnati non catturano attenzione, com’è accaduto a don Virginio Colmegna che s’è visto ospite di un dibattito in cui c’erano dieci ascoltatori, mentre pochi metri più in là in migliaia sgomitavano per farsi largo lungo il decumano. 



È una fazione variegata, che comprende anche una fetta di personaggi che guardano con un po’ di altezzosità all’Expo, salvo poi guardarsi bene dal tirarsene fuori. Il rappresentante tipico è Carlin Petrini, mitico ideatore di Slow Food, che lusingato dai continui inviti ha giustamente ceduto ed è presente con il suo spazio gomito a gomito con Coca Cola. È dall’inizio del cantiere Expo che Petrini con uscite corsare grida che l’Expo è stata tradita, ma poi nell’Expo saggiamente è rimasto, nonostante il fatto che nel padiglione “nemico”, quello denominato Cibus, il più grande padiglione corporate di Expo, Federalimentare abbia raccolto 450 aziende campioni della nostra agroindustria (che di Petrini dicono: «Fa battaglie di retroguardia, per difendere delle nicchie»).



L’Expo è una creatura larga, onnicomprensiva, che viene incontro a tutti i gusti, quelli maggioritari e anche quelli minoritari. Che tiene dentro multinazionali e i volonterosi esponenti di Cascina Triulza. Che accoglie padiglioni miliardari (quello degli Emirati costato 50milioni di euro) e padiglioni un po’ scalcagnati di nazioni con pochi soldi e non grandi convinzioni. L’Expo è la rappresentazione del mondo così com’è, non è la proiezione del mondo che alcuni sognano. E non ci si può scandalizzare né stupire che le cose stiano così. L’Expo è stata imbottita di dibattiti e di incontri, ma se alla fine tirando i conti, i conti (si spera) torneranno sarà merito della movida serale, delle magie del brutto Albero della vita, dei padiglioni che hanno puntato a far divertire le persone, magari offrendo loro scorpacciate di pancake, poffertjes (frittelle), bitter balls (polpette da asporto), patatine fritte biologiche, Dutch weed burger (con alghe da allevamento sostenibile), come succede ogni giorno con grande successo nel padiglione olandese. Un padiglione che è gomito a gomito con quello del Vaticano, piccolo, elegante, serioso, perfettamente allineato al tema di Expo. Ma se Expo fosse stata una sfilata di padiglioni tematicamente corretti, sarebbe stata con ogni probabilità un mezzo deserto. 



Invece è bene mettersi l’animo in pace, e capire che le persone non si fanno traversate d’Italia perché desiderose di capire che cosa troveranno in tavola i loro nipoti. Vengono perché c’è voglia di stranezze e di divertimento. C’è voglia di partecipare a un rito che dice che l’Italia non è il paese depresso che in tutti questi anni ci hanno dipinto. Che non è peccato mortale (e forse non è neanche veniale), avere il desiderio di farsi una piadina rigorosamente bio e berci sopra una bella Coca Cola. 

L’Expo è una grande giostra, dove tutto funziona meglio rispetto a quanto le solite cassandre avessero annunciato, dove le persone si divertono e si stupiscono come se fossero tutte tornate un po’ bambine. Poi, certo, il cruciale tema della biodiversità è rimasto un po’ ai margini. Del resto era difficile immaginare che così non fosse, visto che per l’Expo è stata scelta quest’area assediata da tre autostrade tra le più trafficate d’Europa e che poi è stata coperta da una colossale gettata di cemento. Quindi, vediamoci l’Expo, divertiamoci, e lasciamo perdere l’idea che una fiera così possa cambiare il mondo. Semmai, più pragmaticamente, speriamo che serva a ridare un po’ di sprint e anche di allegria all’Italia. 

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