A Madrid si testano già le due formule su cui si baserà il dibattito politico spagnolo dei prossimi anni. Prima formula: al Municipio della Capitale il Governo di Manuela Carmena, la Sindaca amica di Podemos, muove i primi passi con l’appoggio dei socialisti. Non ha fatto notizia la riunione di Carmena con i vertici delle grandi banche (Santander e Bbva) per trovare una soluzione agli sfratti. I titoli dei giornali sono stati infatti dedicati alle dimissioni di uno dei suoi assessori – che in passato aveva fatto battute di cattivo gusto sugli ebrei – e alle accuse alla sua portavoce per essersi spogliata durante un “assalto” a una cappella universitaria. Carmena potrebbe diventare un vaccino contro il diffondersi di voti di persone che hanno cercato in Podemos un’alternativa di sinistra al Governo della destra.

Seconda formula: per la Comunità di Madrid è stato firmato un patto che consentirà al Partido popular di governare. I popolari hanno accettato una serie di richiesta di Ciudadanos, l’emergente partito di centro. L’accordo è importante perché il Governo regionale ha le competenze su materie importanti e perché può essere un modello per quanto accadrà dopo le elezioni politiche di novembre: il Pp non avrà più la maggioranza assoluta e dovrà cercare l’appoggio della nuova formazione politica.

Ciudadanos, che ha voluto mostrarsi come un campione del rinnovamento, ha presentato richieste ragionevoli: limite del mandato elettorale, dimissioni per gli indagati, depoliticizzazione della tv regionale, ecc., così da combattere la corruzione. Resta ancora da discutere una riforma elettorale sul modello tedesco, con liste aperte. Il patto sopprime alcuni organismi inutili e obbliga il Pp ad agire con meno arroganza.

Ci sono tre capitoli particolarmente interessanti: quello economico, quello dei servizi pubblici e quello dell’istruzione. Ciudadanos è ossessionato dall’idea che il futuro dell’economia passi dall’innovazione e ha voluto che l’accordo includesse un aumento degli investimenti in questo settore: è senz’altro un buon messaggio. Riguardo il welfare, il nuovo partito ha chiesto di fermare la privatizzazione della sanità e di alcune imprese pubbliche, come quella che gestisce l’acqua potabile. Il dibattito è appassionante, ma è stato mal posto.

In Spagna c’è tradizionalmente una gran resistenza all’idea che la gestione del welfare non sia direttamente pubblica. Le scelte del precedente governo regionale, che aveva avviato la cessione di alcuni ospedali a enti profit, aveva acceso una polemica. Il settore sanitario e i madrileni, non senza ragioni, avevano avvertito questa cosa come una privatizzazione: non si dava più importanza agli enti di iniziativa sociale, ma si concedeva più protagonismo al mercato. Ciudadanos ha chiesto quindi una marcia indietro su questa privatizzazione e prima o poi il dibattito si riaccenderà, speriamo in termini più pacati.

Ultimo capitolo, ma non per ordine di importanza, è quello dell’istruzione. Il precedente governo aveva scommesso sull’iniziativa sociale, promuovendo la creazione di scuole non gestite direttamente dall’Amministrazione. Il patto con Ciudadanos sembra andare nella stessa direzione. Di fatto fa esplicito riferimento alla tutela della libertà di scelta e menziona anche borse di studio per la formazione professionale. Bisognerà sperare che l’annunciato aumento dei professori delle scuole pubbliche non riduca i fondi per quelle parificate. E che le maggiori ispezioni e i riferimenti alla pianificazione, inclusi nell’accordo, non implichino un ritorno allo statalismo.

La scuola cattolica vive, com’è logico, mesi di inquietudine. La formula Podemos-Psoe ha vinto in non poche Comunità autonome e potrebbe imporsi a livello nazionale per i prossimi quattro anni. Non è una cosa desiderabile, è meglio che i genitori possano scegliere la scuola per i loro figli. Ma forse è in ogni caso arrivato il momento di ricordare che l’esistenza delle scuole di per sé non garantisce la trasmissione dell’esperienza cristiana. Infatti, per anni buona parte dell’istruzione spagnola era in mano a istituti cattolici, senza che questo abbia comportato la trasmissione della fede, che è stata successivamente adottata in modo critico, creativo e personale da buona parte delle nuove generazioni.

L’esercizio della libertà di educazione non può identificarsi esclusivamente, né in forma prioritaria con la difesa di certe istituzioni o di certi progetti. La libertà è uno spazio che si apre quando un giovane riconosce come una sfida personale l’ipotesi che gli viene presentata da un adulto. È sempre sottomessa al tribunale dell’esperienza. Richiede che succeda qualcosa che provoca la libertà del giovane, che muove il suo affetto e la sua ragione tramite il presentimento di qualcosa di vero, buono e bello, di una vita più umana. E questo può accadere in ogni circostanza. 

Tutte le battaglie sono decisive, ma senza la lotta ostinata per riconquistare un’esperienza più umana – in campo aperto – sono tutte inutili.