Il mondo occidentale sta completando una rivoluzione sociale e culturale che quasi sicuramente finirà nella forte marginalizzazione della comunità cristiana. Ma ci potrebbe essere anche un vantaggio per i cristiani in questa circostanza così sconcertante e dolorosa?
Ventisette anni fa, durante una conversazione in seminario, un seminarista irlandese mi chiese: “Secondo te perché ci sono così tanti scritti interessanti sulla società e così tante opere artistiche e una critica culturale penetrante fatte da persone omosessuali?” Risposi: “Penso perché la loro condizione non permette loro di sentirsi come una parte integrata nella società e perciò guardano a tutto con uno sguardo che non dà per scontate tantissime cose a cui noi invece non facciamo caso. È la loro situazione che li porta a riconoscere che questa società non è stata fatta per loro”.
Questa conversazione mi è tornata in mente riflettendo su due fatti politici importanti accaduti in queste settimane: il referendum in Irlanda sul matrimonio di coppie formate da persone dello stesso sesso, passato con il 65 per cento dei voti, e la sentenza della Corte Suprema degli Stati Uniti che, con il voto di 5 giudici contro 4, ha dichiarato tali matrimoni un diritto costituzionale. Queste società si sono sradicate dai loro fondamenti sociali nel tentativo di fare sì che le persone omosessuali possano aver un maggior senso di appartenenza e inclusione nella cultura e nella vita della comunità.
Questi cambiamenti sono senz’altro radicali e stabiliscono una nuova concezione del matrimonio, che nega qualunque legame fra il matrimonio stesso e la generazione di nuovi esseri umani. Senz’altro, e in poco tempo, vedremo come conseguenza tantissimi altri cambiamenti, fra cui una sempre crescente ostilità verso quelle organizzazioni, gruppi o individui che non si sentono di riconoscere questo nuovo diritto costituzionale. Quindi la Chiesa.
Ne ho avuta una netta sensazione l’altro giorno, quando un amico, imprenditore con una ditta a Dublino e cattolico convinto, mi ha raccontato di una conversazione con alcuni dei suoi dipendenti. Stavano discutendo tranquillamente i loro punti di vista riguardo al referendum quando una dipendente particolarmente stimata ha fatto questo commento: “Lei è il mio capo e io sono la sua dipendente. Ma se i nostri ruoli fossero rovesciati, non permetterei che lavorasse per me uno con le opinioni che lei ha espresso”. Questo commento ha scioccato il mio amico e non promette bene per l’inserimento di persone cristiane nella nuova società che sta nascendo.
Certo, tutto questo è dolorosissimo e non poco preoccupante. Inoltre suggerisce che i credenti e chiunque non si adegui al nuovo regime possano aspettarsi di subire ingiustizie pesanti. Dato però che tutto questo sta arrivando e sembra che ci sia poco da fare per prevenire questi cambiamenti, pongo di nuovo la domanda: “Nella catastrofe sociale e psicologica che è in atto, può esserci anche qualche vantaggio per noi cristiani?”.
Secondo me sì e vedo questo vantaggio nella risposta data al mio amico seminarista così tanti anni fa sul perché gli omosessuali riescano a produrre una critica della cultura così penetrante. Prima si sentivano marginalizzati, ma ora sono diventati loro i beniamini dei benpensanti. Loro escono dalla posizione di “outsider” e ci entriamo invece noi.
Ma Gesù stesso ha insistito che il Suo regno non è di questo mondo, perciò quelli che vi appartengono devono percepirsi in qualche modo come non appartenenti all’assetto di questo mondo, come quelli che per varie ragioni già ne sono fuori. Non sarà più facile pensare che farsi cristiano comprende il costruirsi un bel posto in questo mondo. Saremo sempre più costretti a vivere con la consapevolezza che noi viviamo innanzitutto per una casa, un regno che non è di quaggiù. Viviamo in virtù di una promessa credibile in compagnia di Colui che già ci fa sperimentare la pregustazione del compimento. Questa chiarezza è per noi un vantaggio che ci fa già vivere da uomini liberi.