Ne hanno parlato in pochissimi, relegando la notizia alle pagine interne dei quotidiani o alle rubriche degli specialisti. Eppure sono dati sconcertanti che parlano chiaro: il livello della mortalità in Italia, nei primi otto mesi del 2015, ha visto una crescita pari solo a quella che si era registrata ai tempi delle due guerre mondiali (ovviamente con ordine di grandezza comparabile).

A dirlo per primo, osservando i dati Istat, è stato il demografo e docente universitario Carlo Blangiardo sul quotidiano Avvenire: “Non sono affatto dati normali, sono dati impressionanti”. Di cosa si tratta esattamente? Ecco: nei primi otto mesi del 2015 si sono registrati 45mila decessi in più in Italia rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

La conseguente proiezione sull’intero 2015, se confermata, darebbe 666mila decessi nel corso dell’anno da poco finito contro i 598mila del 2014, il che significherebbe 68mila morti in più pari a una crescita dell’11,3%.

Al momento si sa che che gli incrementi maggiori si sono avuti nei mesi invernali (gennaio, febbraio e marzo), quelli più freddi. A questo proposito qualcuno ha commentato che la colpa potrebbe essere del calo delle vaccinazioni causate dall’allarme secondo il quale vaccinarsi provocherebbe malattie di vario tipo, come l’autismo. L’allarme si è rivelato del tutto infondato, ma il calo delle vaccinazioni c’è stato effettivamente a livello mondiale. Si è provato a fare un calcolo: risulterebbero 8mila decessi in più fra gli anziani per questo motivo rispetto all’anno precedente, ma resterebbero comunque 60mila morti in più da spiegare. Inoltre anche nel mese di luglio, particolarmente torrido in tutta Europa, si è registrato un picco di decessi. Qualcun altro ha tirato in ballo l’invecchiamento della popolazione italiana: più persone anziane significherebbe più morti. Ma neanche questo è plausibile: l’invecchiamento della popolazione è un fenomeno in atto da tempo, ancor prima che si verificasse questo picco di cui parla Blangiardo. C’è infine chi per fini politici (Grillo e Salvini) ha usato questi dati quando era in corso l’allarme smog nelle grandi città, ma Blangiardo ha smentito: “Lo smog è soltanto una delle concause potenziali, e neppure la più rilevante”.

Da questa situazione non è esente la Lombardia, storicamente la regione dove la sanità è il modello più virtuoso che abbiamo in Italia: negli ultimi tre anni l’aumento dei decessi è stato qui del 10%. 

Il fenomeno è tanto più inquietante perché questo eccesso di mortalità e le sue modalità non riguardano soltanto l’Italia, ma tutta l’Europa occidentale. Ad esempio Francia, Spagna e Inghilterra-Galles hanno avuto nei primi dieci mesi del 2015 rispettivamente 35.600, 21.900 e 32.200 decessi in più del 2014 (fonte OmS), con picchi nei mesi di gennaio, febbraio, marzo e luglio come in Italia. 

Perché queste morti strane? Quali i motivi?

Esiste  nella nostra società un gap tra grandi mezzi di comunicazione e realtà. La notizia del misterioso picco di decessi avrebbe dovuto andare in prima pagina per diventare spunto di analisi approfondite. Si preferisce invece dare spazio ad allarmi per lo più infondati, come quello sui danni provocati dal consumo di salsicce e hamburger, con la complicità di qualche funzionario dei palazzi della burocrazia europea.

Il primo dovere morale, prima ancora di avere risposte, è quello di accorgersi di queste morti strane ed esigere che vengano studiate e se ne trovino le cause. Perché, anche se siamo ancora in fase di studio, nascono ipotesi non peregrine, ma inquietanti. Da tempo papa Francesco parla di “morti silenziose” che vengono tenute nascoste dalla maggior parte dei media. Parlando agli anziani il 28 settembre 2014, ad esempio, ha citato “la velenosa cultura dello scarto e la realtà dell’abbandono degli anziani”; all’Associazione dei medici cattolici italiani, il 15 novembre 2014, ha detto che in Italia “tutti sappiamo che con tanti anziani, in questa cultura dello scarto, si fa  eutanasia nascosta”.

E’ una denuncia che si basa su dati di fatto: in certi paesi e in certi ambienti si teorizza da tempo che curare gli anziani è incompatibile con il contenimento della spesa pubblica e, di fatto, se sono poco abbienti, si fa a meno di prendersi cura di loro. Si  fa presto a coltivare e accrescere la cultura dello scarto di cui parla il papa: i fondi in diminuzione che rimangono alla sanità si concentrano su “chi rende”, la fascia attiva e giovane, o, come fanno alcune regioni italiane in perenne deficit sanitario e assistenziale, si utilizzano per perpetuare  lucro, sprechi, e privilegi .

E’ lecito allora chiedersi se questa cultura stia facendo fuori le fasce deboli in primis gli anziani ed è all’origine di questo incremento di morti. 

Ancora Giancarlo  Blangiardo, l’esperto più accreditato in materia, si è chiesto: “Gli effetti della crisi, i tagli di cui sentiamo spesso parlare e che non hanno certo risparmiato la sanità, hanno forse accresciuto nel corrente anno il rischio di mortalità in corrispondenza dei gruppi tipicamente più fragili: i vecchi e i ‘grandi vecchi’, più di ogni altro?”.  

In una recente ricerca del Censis si dice che, a seguito dei tagli sulla sanità e del welfare, una famiglia su due rinuncia a cure sanitarie e alla prevenzione.

Mors tua vita mea, dicevano gli antichi. Se questo è il quadro davanti a cui ci troviamo, si capirebbe il perché del silenzio dei media: meglio che paghino i deboli di cui non faccio parte. Almeno per ora…