Sabato scorso 13 bambini con i loro genitori hanno potuto vivere un’esperienza davvero fuori all’ordinario: hanno dormito dentro uno dei palazzi più celebri e più ricchi di storia del mondo, il Palazzo Ducale di Venezia. L’invito è  partito dalla fondazione che gestisce i musei veneziani. I ragazzini si sono presentati con materassini e sacchi a pelo e guidati dal team Education del museo, hanno visitato le sale in notturna e poi dormito molto spartanamente in quella che un tempo era la cappella del Doge. Al mattino sveglia all’alba per vedere dalle finestre affacciate sulla Laguna il sorgere del sole. Per tutti è stata un’esperienza sorprendente e memorabile. Ovviamene la burocrazia dei beni culturali (in questo caso il Segretariato regionale del Veneto) ha storto il naso e ha annunciato approfondimenti sull’iniziativa. Ma danni non ne sono certamente stati fatti. E invece sono state accese tante nuove passioni. 

L’episodio è emblematico nella sua eccezionalità di qualcosa che sta cambiando nel modo di proporsi di molti musei italiani. Precursore in questo senso era stato il Museo di Palazzo Madama di Torino, che lanciò qualche anno fa l’iniziativa Madama Knit. Una volta al mese, il sabato, si invitavano le persone, ovviamente in particolare donne, a venire a lavorare a maglia nelle sale del museo. L’adesione anche in quel caso era stata al di sopra delle aspettative, e alla fine attorno al museo si era aggregata un’inedita e affezionata community di soggetti che probabilmente altrimenti sarebbero rimasti sempre estranei al museo stesso. 

Tornando ad oggi, se per caso vi capitasse di mettere piede nella Pinacoteca di Brera nei giovedì sera di apertura con il biglietto a soli due euro, vi accorgereste in modo palpabile di questo cambiamento di approccio. Le persone che in genere tra le sale si muovono come dentro un flipper, cercando di non farsi sfuggire nessun capolavoro, invece si muovono molto più distese. Danno la sensazione di essere davvero in un luogo divenuto familiare, dove certamente hanno intenzione di tornare e nel quale possono muoversi in tutta tranquillità. Verrebbe da dire che “passeggiano” nel museo. 

Sono frammenti di esperienze molto significative, alle quali si potrebbero aggiungere molti altri segnali. Per stare agli ultimi giorni colpisce il coraggio con cui la nuova direttrice della Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, Cristiana Collu, ha “rovesciato” il museo proponendo un allestimento pieno di sorprese e di vitalità. Ma prima di pensare all’allestimento ha voluto restituire con cura luce e “calore” al museo: ha rispolverato l’originario e gigantesco tappeto che accoglieva i visitatori nell’atrio, quasi per farli sentire subito ospiti graditi. Sempre notizia di questi giorni è l’incredibile successo di “territorio” riscontrato dalla riapertura del Museo Pecci, un simbolo per Prato, che pur si occupa di arte contemporanea. 

Il mondo museale italiano ha smesso di aspettare il pubblico con il contatore in mano, ma ha iniziato a capire che il pubblico va conquistato con modi molto diversi da quelli usati sino ad ora. Non servono le mostre di richiamo (che dopo il loro passaggio lasciano solo macerie); ed è illusorio pensare che sia solo un problema di fornire servizi, bookshop o bar che sia. Invece il pubblico arriva e soprattutto ritorna se al museo si sente a casa. Se sente che ciò che è appeso alle pareti gli “appartiene”, nel senso che è bene comune ed è testimonianza visibile (e spesso stupefacente per bellezza) della storia da cui viene.

Il museo italiano, tra l’altro, è qualcosa di assolutamente originale e non assimilabile all’idea “napoleonica” di museo inteso come pantheon un po’ retorico di valori estetici e morali. Il museo in Italia è un luogo in cui ci si rispecchia e si scopre e approfondisce la propria identità. In questo senso deve essere vissuto come una casa comune. Del resto l’Italia stessa è un museo a cielo aperto, perché l’arte è sempre stata intesa (grazie soprattutto alla chiesa) nella sua funzione pubblica. È arte per tutti. E i musei non sono altro che case, luoghi quindi che devono essere sempre più familiari, in cui quest’arte per tutti viene custodita e messa a disposizione di chiunque. Anche di qualche bambino che un giorno potrà riconoscere di essere migliore grazie al fatto di aver dormito una notte all’ombra di Veronese e Tintoretto.