Nei giorni scorsi a Madrid è stato presentato “La bellezza disarmata”. Lo stesso Julián Carrón, Presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione, è giunto da Milano nella capitale spagnola per parlare con giornalisti e diverse personalità del contenuto di un libro che è stato elaborato nel corso degli ultimi dieci anni. Buona parte del testo è frutto di un “working in progress”, il risultato di giudizi su fatti che stavano accadendo nella realtà italiana ed europea.
Sapendo questa origine, il lettore resta sorpreso dalla pertinenza del testo con quel che succede in Spagna. Il disorientamento che coinvolge il mondo laico e cattolico spagnolo è in fondo simile, seppur con le sue peculiarità, a quello che vive tutto l’Occidente. La storia spagnola non facilita il superamento di posizioni ideologiche – nei credenti e nei non credenti – per arrivare a riconoscere i tratti di un mondo molto differente da quello cui si era abituati fino a poco tempo fa.
Una delle frasi più ripetute nel corso degli ultimi mesi da editorialisti e analisti è quella di José Ortega: “Non sappiamo quello che ci succede e questo è proprio quel che ci succede”. Carrón sin dalle prime pagine del suo testo offre un’ipotesi per spiegare la crisi a cui noi aggiungiamo diversi aggettivi (crisi valoriale, istituzionale, generazionale, ecc.) come chi brancola nel buio. La crisi, dice l’autore seguendo Benedetto XVI, ha la sua origine nell’impoverimento del progetto illuminista: i valori del progresso, della pace, della dignità della persona e della stima per l’altro non sono sopravvissuti slegati dall’avvenimento cristiano da cui sono nati. Quello che doveva essere evidente alla ragione ha smesso di essere tale.
C’è stato un Illuminismo spagnolo nel XVIII secolo che ha assunto le idee venute dalla Francia in mondo pacifico. Ma dall’inizio del XIX secolo, con la Guerra d’indipendenza, la realizzazione politica della rivoluzione illuminista attraverso il liberalismo diventa molto conflittuale. Nascono così due Spagne. Quella del liberalismo laico, minoritario, che vuole accelerare la storia. E quella del cattolicesimo, che si trincera sempre più, cercando l’aiuto del potere per difendere il “diritto alla verità”, quei valori evidenti inscritti nella natura umana.
Si afferma continuamente che le conseguenze antropologiche della Rivelazione sono di diritto naturale. Si pensa che sottolineare il naturaliter cristiano di ogni uomo, slegato dalla rivelazione, sia il modo migliore di difendere la fede. La dialettica con il mondo laico diminuisce quasi fino a scomparire. Contemporaneamente il soggetto cristiano e l’esperienza che rende possibile queste evidenze si dissolvono mediante un processo lungo e quasi impercettibile. La dissoluzione si accelera in due momenti: l’epoca dello sviluppo, negli anni ’60 del secolo scorso, e con la rapida trasformazione culturale di inizio XXI secolo.
Le due Spagne entrano nel nuovo millennio per certi versi sconfitte nei loro fondamenti. La tradizione dell’Illuminismo laico dovrà fare i conti con quello che è successo. La tradizione cattolica spagnola ha nel libro di Carrón un’ipotesi per portare a termine lo stesso lavoro se vuole superare vecchi schemi interpretativi ancora vigenti.
Prova ne è il fatto che la proclamazione dei nuovi diritti (matrimonio gay, maggior libertà d’aborto, ecc.) iniziata dal Governo Zapatero, e continuata dal Partido popular, è stata occasione di nuovo smarrimento per molti cattolici. La possibilità, per esempio, che una legge positiva riconoscesse il matrimonio tra uomini e donne è stata denunciata come un attentato perverso contro i fondamenti della civiltà e di una legge naturale che deve essere tutelata.
Senza dubbio ci sono stati interessi politici che hanno accelerato questo processo, ma il mutamento della civiltà europea è venuto prima. Ogni volta è sempre più difficile sostenere che la ragione, per sua sola forza, senza tenere conto delle circostanze storiche, può tenere in piedi le evidenze fondamentali (in questo caso il valore giuridico della differenza sessuale). In questo contesto si accetta, implicitamente, la confessionalità dello Stato. Ma la necessità di difendere i “diritti della verità”, che nelle loro espressioni minime dovrebbero essere riconosciuti da tutti, crea la sindrome della “fortezza assediata”: non si può essere complici di chi vuole distruggere l’edificio di una civiltà millenaria. È un dovere di coscienza. In questa posizione il dialogo è impossibile o inutile, al massimo è uno strumento tattico. E il cattolicesimo, lungi dall’essere un fattore differenziale, diventa un elemento di polarizzazione. Chiuso nella ripetizione della dottrina e delle nozioni poco significative per il dramma umano, si trasforma nella religione dei tristi e degli arrabbiati.
Qui è dove il giudizio di Carrón è più liberatorio per la Spagna. Il naturaliter cristiano è sparito. È inutile darsi pena e arrabbiarsi. In un certo senso è inevitabile che prosperino nuove forme ideologiche (gender, assolutizzazione del mercato, neostatalismo, ecc.) in un mondo che ha smesso di avere non una buona teoria, ma un’autentica esperienza cristiana. Non è una discussione teologica. La realtà lo rende evidente in modo testardo. Per questo è arrivata l’ora di abbattere i bastioni, di andare incontro all’uomo del XXI secolo, ferito e smarrito, come ferito e smarrito è il cattolico. E di farlo con le forme di una religione che è nata come una religione di perseguitati (senza alcuna pretesa di egemonia).
Un’esperienza autenticamente cristiana non può vedere nel desiderio della libertà, proprio dell’altro, una minaccia, ma deve vedere il suo miglior alleato. Qui è dove il titolo “La bellezza disarmata” diventa più di un titolo: una programma liberante, come diceva una persona durante la presentazione di Carrón. Un programma per cattolici liberati dalla pretesa ingenua, e leggermente violenta, di ottenere risultati immediati di fronte a ideologie disumane; cattolici che possono offrire una testimonianza più che etica ed estetica: quella di una vita migliore.