Il nuovo governo inizia a muovere i primi passi in Spagna. I due compiti più urgenti sono l’approvazione di alcune misure per ridurre il deficit al 3% del Pil e il Patto per l’istruzione da completare in sei mesi. La minoranza parlamentare di Rajoy non gli impedirà di riuscire a far approvare la manovra finanziaria: ai suoi 137 deputati si aggiungeranno facilmente quelli di Ciudadanos (32), dei nazionalisti baschi (5) e della Canarie (1). Gli mancherebbe un solo deputato, ma può darsi anche che i socialisti (84) si astengano.

Il Presidente del consiglio ha il vento a favore. Ogni tanto, per guadagnare forza, ricorda che potrebbe far tornare il Paese alle urne, dalle quali uscirebbe vincitore. Alla fine l’economia è diventata un terreno più o meno neutro, in cui è più facile trovare accordi: bisogna far salire le imposte e questo lo farebbe qualsiasi partito dell’opposizione. Il Patto per l’istruzione è una questione ben diversa. L’insegnamento è il miglior esempio di una politica ideologizzata in cui si affrontano due modi di intendere lo Stato, la società e la persona, senza possibilità apparente di trovare un terreno comune.

Da quando è tornata la democrazia in Spagna fino al 2014, salvo un breve periodo, le leggi che hanno retto il sistema educativo sono state approvate dai socialisti. In parte perché il centrodestra si è occupato poco della questione (Aznar ha cominciato a cambiare le cose solamente quando stava per finire il suo secondo mandato), in parte perché i socialisti hanno abrogato immediatamente la loro riforma.

La legge attuale (Lomce), promulgata dal Partido popular nel 2014, ha trovato una ferrea opposizione. È una norma che timidamente vuole correggere il modello “comprensivo” messo in moto a metà del XX secolo nel Regno Unito, e ancora vigente in Spagna, nonostante i suoi pessimi risultati. La comprensività, in nome dell’uguaglianza, fornisce a tutti gli studenti il medesimo insegnamento, senza far distinzione tra risultati, attitudini e inclinazioni. La Lomce ha stabilito esami esterni per garantire la qualità e sviluppare la concorrenza tra scuole. E l’inserimento di questi esami è stato il cavallo di battaglia delle opposizioni.

Il Governo la scorsa settimana è stato sconfitto in Parlamento perché anche i suoi alleati hanno chiesto di non applicare la Lomce. La sconfitta è stata più simbolica che reale, perché Rajoy aveva già promesso che l’avrebbe sospesa, come ha poi fatto venerdì. I negoziati per un Patto per l’istruzione falliranno se si basano su presupposti ideologici. È molto difficile individuare punti di incontro sull’insegnamento della religione, il sistema della parità, la maggior o minore comprensività necessaria. La sinistra intende la laicità alla francese, è molto restia a introdurre criteri di competenza e vuol dare protagonismo alle scuole statali. Il Pp, non per propria convinzione, ma per la sensibilità dei suoi elettori, vuol dare un ruolo maggiore alle scuole paritarie. Si discute di un quadro generale, dato che la competenza spetta poi a ogni regione.

Sarebbe meglio cominciare dalle necessità condivise e dalle esperienze fatte. Il modello vigente ha dato pessimi risultati. La Spagna è il Paese dell’Ue con il più alto tasso di insuccesso scolastico (20%). È evidente che gran parte del futuro del Paese dipende dal fatto che sempre più giovani possano ricorrere alla formazione professionale. Ora infatti lo fa solamente il 30% di loro, quando in Germania si arriva al 70%. Il mondo della scuola e quello delle imprese continuano a non comunicare tra loro. Prova ne è il fatto che il sistema duale riguarda solamente il 2% degli studenti.

I professori non hanno la formazione adeguata, la disoccupazione giovanile – causata dalla scarsa formazione – raggiunge il 50%, la conoscenza media della matematica e la comprensione della lettura sono inferiori alla media europea. Con questi dati il massimalismo ideologico è poco raccomandabile.

Il dibattito sul sistema della parità mostra bene quanto sia necessario superare la dialettica dei muri. Questo sistema, messo in moto dai socialisti nel 1985, ha permesso un alto grado di sussidiarietà educativa in Spagna. Solamente Francia, Belgio e Olanda sono davanti per centri di iniziativa sociale finanziati con denaro pubblico. Una percentuale tra il 25% e il 30% degli alunni è formata in scuole paritarie. Il costo per studente, secondo alcune stime, è la metà di quello di una scuola statale. La sinistra ha sempre considerato la parità come una forma di privatizzazione e ha sostenuto la necessità di aumentare i posti nelle scuole statali per garantire uguaglianza nel diritto all’istruzione.

Per sbloccare la situazione non sembra che la strada migliore sia quella di ripetere che i genitori hanno diritto di scegliere l’educazione che ritengono migliore per i loro figli. La convenienza della sussidiarietà non si sostiene opponendosi allo Stato. È necessario far vedere che si sta fornendo un servizio pubblico, specialmente dove ce n’è più bisogno (immigrati, persone con bassi redditi). È necessario differenziarsi chiaramente dall’offerta privata, soddisfare pienamente i requisiti richiesti, trovare soluzioni ai problemi che riguardano tutti, cercare vie di finanziamento alternative e complementari, ecc.

L’istruzione di iniziativa sociale sarebbe un grande servizio in questo momento se offrisse al Governo soluzioni per smuoversi dal pantano ideologico. È la più attrezzata per fare il primo passo.