Struggimento d’attesa

L'Avvento ci invita all'attesa e per vivere nel modo migliore questo tempo prezioso ci viene in aiuto anche la musica. PIGI COLOGNESI ci segnala alcuni ascolti consigliati

Stiamo vivendo il tempo liturgico dell’attesa. Chi attende – non un treno qualunque su cui imbarcarsi, ma quello da cui deve scendere la persona amata – è interiormente in fermento (teso, appunto) e non vuol essere distratto da niente. Chi attende desidera il silenzio e, infatti, in una stazione ferroviaria caotica e sovraccarica di rumori quasi non li sente tanto è interiormente concentrato.

C’è, comunque, molta musica che ha una dolcezza, uno struggimento d’attesa, una delicatezza di movenze, un calore che non dà fastidio al nostro cuore che attende. Ne offro tre esempi che potrebbero accompagnare in questo tempo di Avvento. 

Sono accomunati da un fenomeno che gli esperti di musica hanno spesso rilevato: quando il compositore trova una melodia che lo avvince (ed è giusto dire “trova” perché l’autore stesso non saprebbe dire come gli sia venuta in testa o sotto le dita al pianoforte: è un dono inatteso e forse proprio per questo simile musica non disturba anzi accompagna la nostra attesa); quando dunque il compositore trova una melodia così non riesce più a staccarsene, la ripete, la riprende, la modula, se ne allontana ma poi ci ritorna e ci si acquieta.

Il primo brano (segnalo versioni da YouTube, ma ciascuno può cercarne e trovarne altre da sé) è la Fantasia in fa minore per pianoforte a quattro mani di Franz Schubert, che la scrisse nell’anno stesso della sua morte, aveva solo 31 anni. È un brano diviso in quattro movimenti, ma da suonarsi senza interruzioni, in modo da apparire all’ascoltatore come un continuum. All’inizio ci viene incontro un accompagnamento ondeggiante su cui subito si appoggia l’incantevole melodia. Che viene continuamente riproposta e contrastata dal secondo tema. Il secondo e terzo movimento non contengono la melodia, percorrono altre strade ed esplorano altri territori, ma avvicinandosi alla fine – nel quarto movimento – eccola di nuovo, resa ancora più bella dal percorso fin qui fatto. Staccarsene – come accade per tutte le cose amate – è un dolore che l’ultimo accordo della Fantasia esprime con drammatica potenza.

Il secondo brano è di un autore che fino a poche settimane fa mi era del tutto sconosciuto: Mieczyslaw Weinberg (1919-1996), ebreo di origini polacche ma vissuto in Russia (nella traslitterazione cirillica il suo nome risulta Moisey Samuilovich Vaynberg). Il primo movimento del suo Concerto per violoncello opera 43 ruota intorno a una melodia tristissima, dove si condensa il dolore di una vita e l’incoercibile aspirazione alla pace, che resta come filo esile ma resistente fino alla fine. Lo si trova, suonato dal grande Rostropovic, cliccando su questo link.

Samuel Barber (1910-1981) è famoso principalmente per il suo Adagio per archi. Originalmente era il movimento lento di un quartetto, ma è diventato celeberrimo nella versione per orchestra di soli archi suonata la prima volta sotto la direzione di Arturo Toscanini nel 1938. La melodia è così “giusta” che a distanza di trent’anni Barber l’ha utilizzata per un Agnus Dei meraviglioso in cui il grido si intensifica fino a un vertice straziante, per poi pacificarsi ripetendo “dona nobis pacem”. La pace per cui siamo fatti e che attendiamo.

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