Una delle migliori menti in Europa, proprio quando queste scarseggiano nel Vecchio continente, ha fatto un’importante svolta. Sto parlando di Cvetan Todorov, lo scrittore bulgaro trapiantato a Parigi. Non si tratta di un tema per addetti ai lavori, perché tutti siamo stati Todorov: tutta l’Europa, senza averlo letto, la pensa come lui.
Il filosofo sta presentando il suo ultimo libro (“Insoumis”, ribelli) proprio in questi giorni in cui l’Europa subisce una sconfitta dietro l’altra. Il rinvio dei negoziati di pace sulla Siria è un nuovo punto a favore dell’Isis. L’opposizione siriana, spinta dall’Arabia Saudita, ha lasciato il tavolo e senza accordo tra governo e ribelli continuerà ad aumentare il numero di rifugiati. La solidarietà iniziale verso coloro che fuggono dalla guerra si è trasformata nel frattempo in sospetto. Basta vedere quel che succede con Schengen. L’Unione si basa su frontiere aperte e il Consiglio europeo del 18-19 febbraio difficilmente risolverà il problema. Anche perché c’è da discutere la proposta per impedire il Brexit.
Dieci anni fa era difficile pensare che saremmo arrivati a questa situazione, deboli su ciò che ci ha tenuto insieme e con nodi difficili da risolvere. È stato proprio nel 2006 che Todorov ha pubblicato “Lo spirito dell’illuminisimo”, un’opera breve in cui cerca di rispondere a una domanda presente già nelle prime righe: dopo la morte di Dio, dopo il crollo delle utopie, su quale base intellettuale e morale vogliamo costruire la nostra vita comune? Con la morte di Dio egli intendeva la fine dei regimi totalitari ancora a noi vicini. La risposta era semplice e ben articolata. L’illuminismo laico poteva risolvere il problema. Autonomia, laicismo e universalità erano gli ingredienti fondamentali della ricetta. Occorreva recuperare uno spirito per cui il sacro non si trovi nei dogmi e nelle reliquie, ma nei diritti degli esseri umani. Sacra sarebbe stata la libertà dell’individuo, la vita umana, l’integrità fisica. Sacralità dei diritti e dei valori, autonoma da qualsiasi dipendenza religiosa, avrebbe potuto essere la base per l’universalità.
Todorov dieci anni fa era un buon illuminista e per questo citava Lessing: basta che gli uomini si attengano all’amore cristiano; poco importa di quel che succede alla religione cristiana. Ora cosa ci dice il filosofo bulgaro? Il suo nuovo libro sembra aver scambiato l’universalità dei diritti sacri, autosufficienti, con l’universalità della testimonianza di otto personaggi (tra cui Nelson Mandela, Boris Pasternak ed Etty Hillesum). Si tratta di personalità che sono state capaci di fronteggiare il potere in modo esemplare. Addentrandosi nelle loro vite, inevitabilmente, si entra in contatto con le esperienze di significato di ciascuno. L’autore, per esempio, riferendosi a un’intervista a David Shulman, promotore del dialogo tra israeliani e palestinesi, dice che adotta una posizione che viene forse dal buddismo. E aggiunge che Cristo è presente nel libro e nell’esempio di Etty Hillesum, in quelli di Pasternak o Solženicyn, che erano impregnati della tradizione cristiana. Solženicyn, citato da Todorov ne “Lo spirito dell’illuminisimo” come esempio di persona con pensiero anti-illuminista, qui riappare come un eroe.
L’intelligenza di Todorov lo porta a confrontare questi grandi personaggi con la povertà che l’Europa mostra nel rispondere alla sfida dell’Isis. Il filosofo dice che è rimasto scioccato nel vedere che la risposta agli attentati è stata esclusivamente repressiva. Per lui bisogna far sì che quegli uomini, capaci di morire per un’idea funesta della religione musulmana, trovino un’altra strada e smettano di stare alla deriva.
Perché siamo tutti Todorov? Tutti vogliamo rifare l’Europa, ricostruire noi stessi. Ma continuiamo a non riconoscere un’evidenza indicata già da Ratzinger proprio nel momento in cui il bulgaro esaltava l’illuminismo. Egli spiegava infatti che nell’epoca dell’illuminismo si era cercato di mantenere i valori essenziali della morale nonostante tutte le contraddizioni e di trovare un’evidenza che li rendesse indipendenti. Il tentativo sembrò allora possibile perché le grandi convinzioni di fondo, sorte dal cristianesimo, erano ancora vive. Già nel 2005 Ratzinger spiegava però che queste convinzioni erano crollate e con esse i “sacri diritti” che devono essere evidenti di per se stessi. Lo sviluppo dei nuovi populismi o la paura di fronte ai rifugiati sono ottimi esempi di questo processo che sta accelerando. Le vecchie strutture, i vecchi valori sono vuoti.
C’è da sperare che qualcuno si accorga che si può rifare l’Europa solo con “ribelli”, cioè persone in cui l’ideale si incarna. Un ideale che non nasce da un’astrazione. “Quel che è realmente importante non sarà mai quel che viene deciso in un Parlamento o nei summit internazionali, ma quel che accade più in basso, come ad esempio in un ospedale dove qualcuno sta accudendo un parente infermo”, dice lo scrittore spagnolo José Mateos. Il Parlamento è molto importante, ma quel che è “realmente importante” è altro.