Ritorno a Salò: Pasolini e la morte di Luca Varani

La tolleranza del consumismo che da Salò conduce all'orribile omicidio di Luca Varallo. Ecco come Pasolini aveva già profetizzato quanto vediamo oggi. PIGI COLOGNESI 

Pur leggendo quotidianamente le efferatezze della cronaca nera, l’omicidio di Luca Varani ad opera di due adescatori decisi ad infierire, complici gli stupefacenti, sul suo giovane corpo, per poi buttarlo, una lama di coltello nel petto, nelle fauci della morte, mi ha suscitato un oscuro terrore.

Su questo giornale Salvatore Abbruzzese ha già acutamente denunciato la mentalità che produce «legittimazione della irresponsabilità», «epilogo tragico» di una «cultura dell’io senza l’altro», ridotto a puro strumento per la soddisfazione del proprio piacere. Ciò che rende ancora più fosco l’episodio è il contenuto sadico del suo versante sessuale. Non può non tornare alla mente l’ultimo, terribile, film di Pier Paolo Pasolini: Salò. Racconta una sequela di nefandezze che quattro potenti – seppur di un potere che sta crollando – perpetrano sui giovani corpi di ragazzi e ragazze, fino ad ucciderli.

Quel film, del 1975, aggiunge inquietanti spunti di riflessione alle già molte domande che l’assassinio di Varani sta suscitando e, precisamente, riflessioni sulla direzione che ha preso la troppo acriticamente decantata «liberazione sessuale». 

Pasolini nella sua Abiura della Trilogia della vita, scritta poco prima di girare Salò e in qualche modo sua giustificazione teorica, sostiene tre punti: «Primo: la lotta progressista per la democratizzazione espressiva e per la liberalizzazione sessuale è stata brutalmente superata e vanificata dalla decisione del potere consumistico di concedere una vasta (quanto falsa) tolleranza. 

Secondo: anche la “realtà” dei corpi innocenti è stata violata, manipolata, manomessa dal potere consumistico: anzi, tale violenza sui corpi è diventato il dato più macroscopico della nuova epoca umana. Terzo: le vite sessuali private (come la mia) hanno subito il trauma sia della falsa tolleranza che della degradazione corporea, e ciò che nelle fantasie sessuali era dolore e gioia, è divenuto suicida delusione, informe accidia».

Analisi cruda (come non pensare, a proposito del terzo punto, alla morte di Pasolini stesso?), ma degna di essere approfondita parola per parola. Quarant’anni fa molti hanno fatto gli struzzi e non hanno voluto vedere che «la liberalizzazione sessuale anziché dare leggerezza e felicità ai giovani e ai ragazzi, li ha resi infelici, chiusi, e di conseguenza stupidamente presuntuosi e aggressivi». Vogliamo continuare a tenere la testa sotto la sabbia?

Pochi giorni dopo queste vicende i giornali hanno raccontato – moto meno in evidenza e solo per un giorno – un altro omicidio, quello delle quattro suore di Madre Teresa e di 12 loro collaboratori avvenuto nella città di Aden nello Yemen. Anche qui gli assassini mostrano di avere una cultura che non sa – per malintesi motivi religiosi – riconoscere il valore dell’altro; anche se questo altro compie azioni meravigliose come accogliere poveri e malati dando loro una casa e un pasto. 

Gli assassini hanno infierito sulle suore (due ruandesi, una indiana e una keniana) lasciandole prone a terra, avvolte nel tipico sari bianco e blu, col volto schiacciato nella sabbia, come se volessero spegnere per sempre la luce dei loro occhi. La congregazione di Madre Teresa ha confermato che non intende lasciare lo Yemen, nonostante che le minacce siano state e siano frequenti. Questa morte, preceduta da una instancabile affermazione degli altri nella carità e accettata come misteriosa partecipazione a quella di Chi è morto «propter nos homines», ha gettato una piccola ma salutarmente tagliente lama di luce anche in quell’altra così atrocemente buia.

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