Chiamato in causa per fare da elemento di distinzione tra le unioni civili ed i matrimoni, il valore della fedeltà, inteso qui come criterio di orientamento dell’azione e di giudizio su questa, non ha mancato di suscitare perplessità. Ironicamente ci si è arrivati a chiedere se non fosse possibile trasformare i matrimoni in unioni civili al fine di potersi liberare di quella che appare, a molti, come una semplice gabbia.

A dispetto di tutte le indagini sui valori che sostengono il contrario, una volta portata sul palco dei media e negli spazi televisivi, la fedeltà si qualifica più come un valore in progressiva evanescenza, retaggio dei tempi che furono e cardine della “famiglia tradizionale”, più che criterio di orientamento dell’azione nel presente.

Parlare di “fedeltà”, imporsi un comportamento “fedele” non vuole forse già dire avere gustato e desiderato un’esperienza diversa; una storia possibile? Se così è, non è forse inutile puntellare con un principio formale qualcosa che deve esistere dall’interno ed alimentarsi indipendentemente da sanzioni? Non è, forse, la stessa ricerca di riassicurazioni formali e vincoli legali, la prova evidente di un amore già finito, o che comunque vive nella consapevolezza cosciente della propria fragilità?

Rispondere a queste domande porta alla distinzione essenziale tra coppia e famiglia.

La coppia, qualunque ne sia il genere dei componenti, nasce dalla convergenza degli affetti e delle aspettative di due soggetti tra di loro. L’impegno a prendersi cura l’uno dell’altro si fonda in questo caso su un’esperienza ed una consapevolezza affettiva che questi vivono come reale e sulla cui consistenza ed autenticità nessun’autorità esterna può sindacare. In una coppia sono i componenti a costituirsi come unici reali giudici del sentimento che condividono.

La famiglia non è una coppia come le altre. Le due individualità che si uniscono sono infatti pronte a giocarsi ed a “perdersi” in un progetto generativo che va al di là delle loro individualità. La dimensione relazionale non si riduce all’interazione di ciascuno dei due componenti sull’altro ed alla felice contemplazione delle “corrispondenze” tra le due individualità, ma costituisce la consapevolezza di una potenzialità intima, quella che dà vita alla fondazione più incredibile che un uomo e una donna possano ipotizzare: la nascita di un altro da loro. 

Un altro che sarà tanto più stabile e sereno quanto più la sua venuta al mondo non sarà stata affatto riducibile all’evento, in sé puramente fisiologico, dell’atto sessuale, ma sarà stata costantemente accompagnata anche dalla progressiva realizzazione di quello spazio di esistenza che si troverà ad abitare e che, dopo la vita nel grembo della madre, sarà costituito dall’aria affettiva quotidiana che questi respirerà fin dai primi giorni, imparando ad abitarla ed anche ad esservi felice.

Quest’aria affettiva quotidiana, che è poi il nucleo vitale di quella che sempre più chiaramente apparirà come una famiglia, non è un prodotto della coppia in quanto tale, bensì l’esito della loro consapevole volontà generativa, una volontà che si esprime nella scelta di esserci, per sempre.

Ora una tale realtà non esiste affatto a priori: anzi può restare desiderio in potenza, senza realizzarsi mai. Molte coppie possono preferire il loro “mondo a due” avendo cura che chi arrivi non turbi spazi ed equilibri. Altre, pur desiderando la presenza di figli non riescono ad averne e vivono quest’esperienza come una vera e propria ferita.

La famiglia inizia a vivere, cioè a costituirsi come clima quotidiano, quando arriva l’altro. Questi si configura come un vero e proprio punto di non ritorno e costituisce il segnale più autorevole dell’irreversibilità della scelta compiuta: paternità e maternità si configurano come le scelte irreversibili per eccellenza. La dimensione relazionale prende il posto di quelle individuali: si sarà padri e madri per sempre.

Il valore della fedeltà consapevolmente e legalmente sottoscritto è allora il segnale esplicito, la scelta cosciente e solenne che chi si unisce non è solo una coppia, ma una coppia che si gioca e si costruisce su qualcosa che la oltrepassa. Si tratta di una coppia dove si ha il coraggio di “porre mano all’opera” e di iniziare a lavorare per “la vigna”, cioè per qualcosa destinato a durare, fatto per gli altri che arriveranno ed avranno in quell’aria affettiva quotidiana da respirare il loro bene più prezioso e insostituibile.

Fedeltà è allora la provocazione anti-individualistica per eccellenza, l’urlo provocatorio di affermazione di una scelta di posizione definitiva, di una garanzia di stabilità delle scelte compiute e dell’accettazione piena e cosciente della loro irreversibilità.

Dietro il rifiuto del valore della fedeltà che così facilmente emerge nel cicaleccio mediatico, si misura allora tutta la difficoltà a oltrepassare la dimensione relazionale della coppia – caratterizzata dal solo confronto tra due individualità – per investirsi come famiglia, dove si accetta invece che sia la propria stessa individualità a cambiare dietro l’incontro con l’altro. Ed è proprio questo il discrimine, il confine che separa qualsiasi coppia, da chi sceglie di edificare una famiglia, facendo della relazione affettiva solennemente riconosciuta il primo passo per costruire la più bella opera della propria vita.