Fra tre giorni a mezzanotte chiude tutto. The Floating Piers, le passerelle galleggianti sulle acque del lago d’Iseo da lunedì continueranno ad esistere solo nelle migliaia di foto che sono state scattate e che sono state affidate all’immensa memoria del web. E continueranno ad esistere nella memoria (o meglio, per la gran parte delle persone, nel cuore) di chi le ha “camminate” in questi 16 giorni. E sono stati davvero in tanti, perché, come ha confermato il presidente dell’autorità del Lago d’Iseo Tobias Faccanoni con un’intervista al sito vita.it, è già stata superata la soglie dei 700mila visitatori e per domenica alle 24 verrà superata l’asticella del milione.
Fa un po’ specie pensare che un’opera, da quasi tutti giudicata bella al di sopra di ogni aspettativa, da tutti “amata” sia destinata a sparire. Ma il suo autore, l’ormai celebre Christo, è sempre stato chiarissimo a proposito: “The Floating Piers è opera nata per essere vissuta, non per essere posseduta da qualcuno: questa è la libertà”. Per sillogismo, siccome la ragion d’essere delle passerelle è quella di permettere un’esperienza di bellezza, Christo ci dice che la bellezza non può essere posseduta. Nel momento in cui progetti o presumi di possederla, non è più tale.
Si potrebbe obiettare: la bellezza in questo caso è soprattutto effetto di un’impressione emotiva. Di suggestione collettiva. Personalmente posso garantire che le passerelle di Christo sono, davvero, clamorosamente belle; quando le si scorge arrivando sul lago dall’alto è davvero difficile trattenere una reazione di stupore. Ma questo è pur sempre un punto di vista soggettivo. Di oggettivo c’è altro: la contentezza che si legge sulla faccia delle persone, quel senso di rispetto che scatta, in tutti, la pazienza con cui tutti affrontano le complicazioni logistiche, quello strano silenzio che ogni tanto cala e rimarca il rumore dell’acqua e dei passi (il bell’articolo di Maurizio Vitali pubblicato sul sussidiario nei giorni scorsi è la miglior documentazione di quel che sto cercando di dire). Di oggettivo ci sono gli applausi che scattano spontanei nella gente quando vedono Christo che sulla sua chiatta naviga attorno alle passerelle. Tanti applausi e tanti “grazie”.
La bellezza ha anche la caratteristica di essere generosa. E vedendo (anzi toccando) l’opera di Christo ci si accorge che in realtà, come lui ha sempre sostenuto, si resta stupiti da un’altra cosa meravigliosa cioè il contesto, cioè il paesaggio; anzi, quel pezzo di Lombardia; anzi quel pezzo d’Italia. O meglio, per dirla tutta, quel pezzo di creato, rappresentativo di tutto il creato. La passerella, con quel colore che resta impresso negli occhi, è una sorta di tratto tirato con un evidenziatore, come per sottolineare un qualcosa che in genere “non vediamo”, oppure che diamo per dovuto e per scontato. È insomma un’opera al servizio di un’altra bellezza. Un’opera che, svolto il suo compito, si dissolve.

The Floating Piers è poi un’opera semplice, per quanto decisamente audace data l’eccezionale complessità ingegneristica e organizzativa. È semplice come tante opere del grande arte del passato, che parlano a tutti, che sono per tutti, pur nella complessità e vastità del loro messaggio. È poi un’opera positiva, che emoziona, che concilia con il mondo, che ci fa amare un po’ di più il mondo.
È un’opera che ha anche smentito tutti gli scetticismi: perché se è nata nella mente poetica di un artista (e di sua moglie, come lui ostinatamente sottolinea in ogni occasione: Jeanne-Claude, morta nel 2009), è stata poi realizzata grazie ad un gioco di squadra straordinario, in cui lo spirito lombardo ha dato il meglio di se stesso, compresa la capacità di superare le questioni burocratiche che, come facile immaginare, con un progetto del genere, erano delle vere montagne da scalare…
Infine un’ultima sottolineatura necessaria. The Floating Piers erano gratuite, nel senso che non si pagava nessun biglietto (neanche quello indiretto di contributi pubblici: Christo, per sua regola, copre sempre tutte le spese). Ma erano gratuite anche perché esito di una gratuità: come sempre accade nell’arte, in particolare in quella contemporanea, non c’è nessuna necessità che la faccia essere. Nessuno ha chiesto a Christo di fare le passerelle. È lui che cercava il luogo dove realizzarle, e che in un certo senso le ha “regalate” a se stesso e a noi. Inutile sottolineare che la gratuità è la caratteristica prima della bellezza…