Il recente attentato di Dacca e le foto degli attentatori consentono di chiudere, si spera definitivamente, il cassetto di una sociologia ingenua che riconduce gli atti di terrorismo a risposte disperate e inconcludenti di una fascia sociale povera ed emarginata. Ma l’attentato consente di chiudere, anche qui si spera definitivamente, con una seconda sociologia non meno ingenua della prima, che fa dei terroristi delle menti incolte, prive di formazione, buone per bruciarsi come carne da cannone in nome della causa, insomma degli “utili idioti”. Anni di terrorismo politico in Occidente ci hanno insegnato – ma evidentemente la lezione non è stata sufficientemente diffusa tra le generazioni – come tra i terroristi di allora e di oggi ci siano persone colte, provenienti da famiglie benestanti, alle quali non sono mancate né mancano risorse materiali e, soprattutto, intellettuali: Mohamed Atta, il capo del commando che ha abbattuto le Torri gemelle a New York l’11 settembre del 2001, aveva un dottorato conseguito in Germania.
Ma la foto mostra anche qualcosa di più terribile. I volti dei terroristi che si sono macchiati di atti indicibili hanno i volti radiosi e sereni di tanta gioventù contemporanea. Potrebbero essere i nostri figli. Qualcuno di costoro ha i genitori che lo stavano ancora cercando, magari per trascorrere le vacanze insieme. È l’orrore che devasta il nostro mondo ordinario, non solo quello di chi era seduto a tavola prima della bassa macelleria compiuta, ma anche di chi era a casa e quei ragazzi li ha visti crescere.
Non resta che il Male senza ragioni, senza la possibilità di calarci nei panni dell’altro. Se è vero che “non occorre essere Cesare per comprendere Cesare” non è affatto vero che “non occorre essere un jihadista macellaio per comprendere il jihadista macellaio”. Non si riesce a reperire nessun credo, religioso o politico, che possa liberare il soggetto dal peso di dare la morte in modo così efferato: persino nell’orrore dei campi di concentramento gli aguzzini avevano bisogno di separarsi fisicamente dalle vittime, di affidare alle camere a gas l’esecuzione finale. Persino il più mesto plotone di esecuzione deve stare a distanza, mettere la vittima di spalle, bendarla, agire in gruppo. Gli atti di bassa macelleria eseguiti nel ristorante di Dacca, nella loro impensabile disumanità, rendono gli autori dei veri e propri alieni per i quali, come è stato scoperto nel caso dei loro coetanei del Bataclan, non è possibile escludere un ampio supporto di sostanze psicotrope e per i quali, ancora una volta, la reazione di Papa Francesco con il suo “non è umano” resta la reazione più adeguata e incontrovertibile.
Questi ragazzi, così vicini e così prossimi a noi, ci restano quindi incomprensibili: veri e propri alieni di un mondo mai visto né immaginato. Portatori di ragioni che continuano ad apparirci prive di senso, con un alfabeto dell’orrore che non abbiamo mai appreso. Le connessioni logiche che, in pochi mesi, possano averli portati dal milk-shake al coltello da tagliagole oltre ad apparirci inaccettabili, ci restano incomprensibili.
Resta allora da capire come sia stato possibile che contenuti così aberranti e comportamenti così disumani possano avere avuto libera circolazione – e ne hanno ancora – senza che nulla li arresti. Come si possano frequentare scuole degne di questo nome, coltivando in simultanea le peggiori sciocchezze ideologiche e le più trite paranoie religiose. Che cultura è quella che distribuisce conoscenze e saperi restando simultaneamente cieca a questo livello?
Culture che non formano, religioni che non educano. Maestri del nulla diffusi a macchia d’olio. Frequentare le migliori università non garantisce affatto una mente sana, né un percorso di civilizzazione. È possibile coltivare le peggiori sciocchezze ideologiche e le peggiori paranoie religiose pur collezionando trenta e lode in ingegneria. Cultura e religione si ripiegano su loro stesse. Per la cultura è l’autoreferenzialità dei saperi senza più nessun riferimento alla crescita della persona, perdendo assolutamente il senso e la sostanza di quella “maturità” che dovrebbe salvarci dai deliri di ogni sorta. Per la religione è la perdita dell’umano a favore del delirio del potere di sentirsi divini emissari, distribuendo condanne e assoluzioni: giudici in terra del bene e del male, padroni della vita e della morte degli altri, in quanto e proprio perché semplici passanti. La religione, o almeno il simulacro ridicolo ed aberrante che costantemente viene portato sulla scena, concede la possibilità di sentirsi il braccio armato di Dio, fornendo così il piacere del potere più inebriante, assieme alla deriva dell’umano più devastante che si possa concepire.