Questa volta la Merkel ha deciso di prendere con la massima dignità e forza le redini dell’Europa. Giovedì scorso, quando ha deciso di sospendere le sue vacanze e organizzare una conferenza stampa dopo i tre attacchi effettuati da rifugiati, aveva tutti contro. I suoi alleati della Csu, i cristiani-sociali della Baviera, le chiedono da tempo un cambiamento nelle politiche sull’immigrazione. Alternativa per la Germania, la formazione di estrema destra, guadagna terreno sfruttando la xenofobia quando manca solamente un anno alle elezioni.
La Cancelliera sì che è stata cristiano-sociale e non ha annunciato cambiamenti di rotta. Non ha cercato l’appoggio di una Turchia sempre più autoritaria per rafforzare la politica delle espulsioni. Merkel ha ribadito con forza certezze cui non eravamo molto abituati in questo periodo: il principio della dignità umana non è negoziabile; la Convenzione di Ginevra esiste per essere rispettata; non sarà semplice, ma è necessario svolgere il compito storico di accogliere chi fugge dalla guerra.
È facile farsi allarmare dai tre attacchi che si sono registrati in poco meno di dieci giorni in Germania. L’afgano che si è scagliato con un’ascia contro i passeggeri di un treno, il siriano che voleva compiere una strage ad Ansbach e l’uomo che ha ucciso una donna incinta erano tutti rifugiati, che sono riusciti a entrare nel Paese come l’altro milione di richiedenti asilo lo scorso anno. Quando tutto vacilla è facile pensare che i cartelli con scritto “Welcome Refugees”, il caffè e il pane per quelli che arrivavano in treno e il desiderio di accogliere siano un inganno, un tradimento dei nostri buoni sentimenti, l’avverarsi della profezia dei “realisti” sulla minaccia rappresentata dall’accoglimento dei musulmani, figli di “una religione necessariamente violenta”. La quinta colonna dell’islamismo-Islam (in fondo inseparabili) sarebbe stata messa in piedi per porre fine a un’Europa arresasi a causa del suo buonismo.
Manca una prospettiva che aiuti in questa estate di angoscia. I tre attacchi in territorio tedesco, uno dei quali di stampo maschilista, evidenziano, come ha detto la Merkel, che l’integrazione non è semplice. Non c’è dubbio che molti dei nuovi arrivati ??dovranno imparare a guardare e trattare diversamente le donne. È una sfida per tutti, anche per i non musulmani, visto che la violenza contro le donne è una vera e propria piaga in molti paesi europei. Gli attacchi al treno e ad Ansbach rappresentano anche un serio avvertimento sul rischio di radicalizzazione e sul pericolo di focolai di terrorismo. Sembra però che siamo davanti a una radicalizzazione “improvvisa”, simile a quella subita dai altri terroristi che hanno compiuto altri attentati questa estate, terroristi che erano europei. Uno degli assassini di padre Jacques Hamel, per esempio, era nato nel villaggio della Normandia dove ha perso la vita.
Né i rifugiati, né i giovani musulmani messi al mondo nelle nostre città sono nati terroristi. Uccidono nel nome dell’Islam, è vero, ma è inutile ai fini pratici specificare se l’Islam sia necessariamente violento. Ci sono molti studi sul tema, alcuni fatti bene. Certi passi del Corano interpretati fuori dal contesto possono giustificare la violenza. Ci sono grandi poteri economici e politici che guadagnano molto grazie a questa interpretazione. Nella storia dell’Islam vi sono oscillazioni. Ed è evidente che dietro ciascun musulmano non c’è un potenziale terrorista. A queste considerazioni se ne possono aggiungere altre, ma ciò che importa è capire e fermare il processo attraverso il quale molti giovani, provenienti da fuori e da dentro l’Europa, prima si radicalizzano e poi si islamizzano.
Non si capirà questo processo, né si avrà un’integrazione efficace se non si ha in mente che il problema è di significato. La risposta politica e di polizia (l’omicidio in Normandia è un chiaro esempio di errore giudiziario) è insufficiente senza una proposta che riempia il vuoto di chi cerca soluzioni nella violenza.
Paradossalmente, per la sfida di offrire una proposta di senso è essenziale la testimonianza di molte delle vittime della persecuzione jihadista. Il terrorismo nichilista è figlio della dissociazione tra libertà e verità. Gli assassini fuggono da una cultura in cui la libertà è priva di verità (il relativismo) per affermare una verità senza libertà (il fondamentalismo). I martiri, come padre Jacques Hamel e molti altri in ogni angolo del pianeta, offrono la vita rinunciando alla violenza e perdonando, in un atto di gratuità suprema in cui la libertà e la verità sono uniti. La loro testimonianza è quella di una libertà sedotta da una verità incarnata e presente.