“Per quanto incisivi, obblighi normativi e azioni di tutela da soli non bastano; è necessario proteggere il consumatore anche accrescendone la capacità di vagliare le informazioni in suo possesso. L’educazione finanziaria non è solo una risposta alla crisi, è un requisito indispensabile a fronte dei cambiamenti nell’offerta di strumenti di investimento”. Il limite della regolamentazione e dei controlli pubblici e il ruolo irriducibile di una cittadinanza resa responsabile dall’educazione — anche in campo economico — sono stati argomenti centrali nelle riflessioni di Ignazio Visco alla Giornata del Risparmio: prima uscita pubblica dopo la tormentata riconferma a governatore della Banca d’Italia.

Lo stesso messaggio del presidente della Repubblica Sergio Mattarella al presidente dell’Acri, Giuseppe Guzzetti, è stato del resto lontano dalla routine: “Il futuro dei singoli e dell’intera comunità è affidato alla capacità di mobilitare il risparmio verso investimenti appropriati, essenziali per rafforzare la crescita e l’occupazione, in particolare per i nostri giovani. E se Guzzetti è stato esplicito nelle sue congratulazioni a Visco — “Di certe polemiche non si sentiva la necessità” — il governatore non è stato da meno nel disegnare un new deal italiano imperniato sulla ripartenza “del” e “dal” risparmio.

La caduta — ma non l’azzeramento — del tasso di risparmio delle famiglie italiane è una realtà complessa: dal 19% all’8,6% nell’arco di un ventennio ed è oggi inferiore alla media dei principali Paesi dell’eurozona. Tuttavia la ricchezza finanziaria delle famiglie è ancora pari a 9 volte il reddito disponibile e appare diversificata rispetto al tradizionale investimento nella casa: oltre 4.200 miliardi sono impiegati in attività finanziarie (anche se ancora poco rispetto agli strumenti basici del deposito bancario o postale). Né va trascurato il tasso di indebitamento delle famiglie: per quanto accresciuto dal ciclo e da un cambiamento di lungo periodo dei comportamenti, resta ancora assai più contenuto rispetto al resto d’Europa e agli Usa (62% del reddito disponibile contro 100% o oltre). Vista da questa angolatura — di economia reale, non finanziaria — l’Azienda-Italia si presenta solida e non è un caso che Visco l’abbia additato come solida premessa.

Negli ultimi anni — il governatore non se lo è nascosto — problemi di primo livello sono certamente sorti nel sistema intermediario, messo sotto fortissima pressione dalla crisi globale e dalla recessione italiana. E se il confronto sulle regole con le autorità Ue è stato difficile, il numero uno di Bankitalia non ha avuto timore di riaffermare che “l’attività di vigilanza può ridurre la probabilità di crisi bancarie, ma non annullarla”. Di più “la vigilanza non può sostituirsi agli amministratori delle banche”: può invece risolvere situazioni d’emergenza, com’è stato fatto in Italia negli ultimi due anni. Ora, anche e soprattutto sul versate bancario, il sistema-Paese è dunque a un bivio. Un cammino impegnativo e faticoso chiama tutti gli attori ad essere più adulti: i risparmiatori, le banche, le authority, il governo.

Un grande e prezioso giacimento di risparmio c’è: vanno ripristinati e resi efficienti i canali di afflusso e di deflusso (credito e investimenti). La ripresa — che secondo Visco sta cominciando a maturare in Italia — è la medicina più efficace anche per il sistema finanziario acciaccato. La “fiducia” distrutta ormai una decina di anni fa, mostra segni di risveglio, ma non può ridussi a maggior “appetito per il rischio” come negli anni più tumultuosi della speculazione di mercato. Più il tempo passa, fiducia sempre sinonimo di “responsabilità educata” e di “esperienza/conoscenza” (dei risparmiatori ad abitare i sistema finanziario, delle banche a gestirlo, delle autorità di vigilarlo). Non è un approccio di cultura economica diverso da quello che Visco ha elaborato ottanta giorni fa al Meeting di Rimini. È’ quello che gli ha consentito di difendere la credibilità della Banca d’Italia. Dietro e dentro c’è (ancora) il risparmio degli italiani. Molto di più che un forziere di banconote.