Il calabrone riprende a volare. Lorenzo Codogno, capo-economista del ministero dell’Economia dal 2006 al 2015, non ha atteso il buon dato sul Pil italiano nel terzo trimestre per riprendere una metafora nata fra gli economisti ciampiani durante la volata finale dell’Italia verso l’euro. Il calabrone ha le ali troppo piccole in rapporto al suo peso: per i fisici non avrebbe la capacità di decollare e invece ce la fa e con performance inattese. Can a bumblebee fly? Yes it can: Codogno ha titolato così la sua newsletter dalla London School of Economics ventiquattr’ore prima che l’Istat comunicasse il +1,8% trimestrale “anno su anno”. La crescita ora vede con sicurezza il +1,6% a fine 2017 e il +1,8% nel 2018 e tiene in serbo “ulteriori spazi di miglioramento”. Insomma: forse siamo alla “ripresa”. Come, perché? E potrà durare?

In una programmatica selezione di “buone notizie” l’economista spazia su tre campi: l’impatto delle riforme, la ripresa degli investimenti, il buon momento di alcuni settori. Il Jobs Act – concorda il report – deve ancora “materializzare” i suoi effetti: ma proprio per questo può rilasciare una “crescita potenziale” fra lo 0,5% e l’1% in più entro il 2020 grazie alle condizioni di maggior flessibilità create sul mercato del lavoro”. Certo la crisi della produttività è ancora poco confortanti, mentre indicazioni migliori giungono dalla la ripresa degli investimenti industriali: vero acceleratore del Pil.

“Più di un terzo delle imprese ha già usato gli incentivi fiscali previsti dal piano nazionale Industria 4.0 o è intenzionata a farlo”, segnala Codogno che sottolinea: “Mentre nel passato la priorità andava al rimpiazzo di macchinari e impianti, oggi l’obiettivo è espandere la capacità produttiva”, soprattutto in un orizzonte di medio termine. (42% delle imprese sondate da un’indagine Bankitalia). Ma gli imprenditori non mostrerebbero più disponibilità a investire (l’indice di fiducia manifatturiera è ai massimi dal 2007) se non leggessero attorno a loro un parallelo aumento della fiducia nelle famiglie consumatrici: espressa già nelle statistiche 2017 in una maggiore disponibilità a consumare e in un allentamento della propensione al risparmio preacuzionale. E i frutti di una spirale domestica che ha ripreso a girare verso l’alto – secondo Codogno – sono già visibili nei dati del mercato auto e soprattutto “in una stagione turistica estiva con ritmi da boom”. Ma anche la domanda estera sull’industria italiana resta interessante “soprattutto dai Paesi Ue”. Il calabrone è dunque in fase di decollo: riuscirà a raggiungere nuovamente una quota e una velocità di crociera?

Una prima preoccupazione di Codogno riguarda l’esito del prossimo voto politico: un parlamento “impiccato” – privo di maggioranze chiare e utili alla governabilità – può creare un’instabilità pericolosa per il “calabrone Italia”. Una seconda fonte di rischi non ancora sotto controllo è il sistema bancario: il carico di sofferenze bancarie ancora non smaltite può creare problemi per il credito a un’economia in fase di ripresa. La vera spada di Damocle continua comunque ad essere la finanza pubblica. Benché il costo del debito pubblico non si prospetti come un’emergenza nel futuro prossimo, lo stock al 131,8% del Pil resta un gigantesco metorite pronto a schiacciare nuovamente a terra il calabrone. L’impegno assunto dall’Italia con la Ue di ridurre il quoziente a 123,9 entro il 2020 impone tuttavia “un piano credibile di aumento dell’avanzo primario al 3% del Pil”. Ciò che, fuori dal gergo degli economisti, significa mettere mano davvero alla spesa pubblica. E’ questo il compito che attende qualsiasi governo guiderà l’Italia dopo le elezioni. Imprenditori e famiglie i loro compiti a casa li stanno già facendo.