NEW YORK — E’ Thanksgiving. Da noi, lo so, non da voi. Da voi “Turkey Day”, il giorno del tacchino non ha mai raccolto grande interesse. Curioso che una festa di poco valore come Halloween faccia proseliti in tutto il mondo e Thanksgiving invece non riesca a conquistare neanche gli stranieri delle nuove generazioni che pur son venuti a vivere in questa terra d’America. Peccato, cioè un di meno. Non capiscono quel che perdono. Peccato perché Thanksgiving è una festa bella. Non bella come il Natale, però. Ecco, Thanksgiving è come un Natale senza Gesù. Ma l’essere senza Gesù non è una colpa, è il frutto di una storia. La storia di un paese protestante sin dalle sue origini e che tale è rimasto nel suo modo di essere e di pensare, nonostante si sia andato riempiendo di umanità proveniente da tutto il mondo. Per questo Thanksgiving porta con sé una mancanza, un’assenza, direbbe Lagerkvist, che colma il cuore. E lo riempie di nostalgia.

La storia l’abbiamo raccontata più volte. Se non sapete della Signora Hale fate un po’ di ricerche. Alla fine della favola, in mezzo al sangue ed alla devastazione della Civil War, Abraham Lincoln nel 1863 scrisse queste parole. Una preghiera per l’America di allora che sembra fatta per l’America di oggi.

(Tutto) è dono di grazia dell’Altissimo, che sebbene pieno di ira verso noi per i nostri peccati, sempre si ricorda della Sua Misericordia. E’ giusto che questi doni siano solennemente riconosciuti, con reverenza e gratitudine, con un cuor solo ed una voce sola dal popolo americano. Pertanto invito i miei compatrioti, in ogni angolo del paese, per i mari e per terre straniere, ad osservare e custodire l’ultimo Giovedì di Novembre come giorno di ringraziamento e preghiera verso il nostro Padre buono che regna nei cieli. E raccomando anche (…) che tutti, in umile atto di penitenza per il male e la disobbedienza della nostra Nazione, affidino alla Sua cura coloro che sono divenute vedove, gli orfani, chi è in lutto e soffre per la lamentevole lotta civile nella quale siamo impegnati. Ed invochiamo con fervore l’intercessione dell’Onnipotente per curare le ferite della Nazione, e riportare il pieno godimento di pace, armonia, serenità ed Unione secondo i tempi del disegno Divino“.

Thanksgiving è il giorno in cui ognuno ringrazia il suo dio, chiunque egli sia. Un Natale senza Gesù, un Natale senza la carne della Misericordia, ma pieno di una misteriosa nostalgia per una presenza che non sembra potersi trovare, un tempo pieno del bisogno di quella pace ed unità che non si sa dove siano finite. Oggi come nel 1863. 

Queste cose bisognerebbe ricordarsele. Non ruberebbero niente alla festa, anzi, le ridarebbero il suo volto vero, come se questa festa fosse una porta che si apre sull’Avvento, la venuta dell’ospite che porta la Misericordia in questa terra. Ci sono le famiglie che si radunano, che si ritrovano viaggiando migliaia di miglia, c’è una grande attesa e forse un vago ricordo di dove e come tutto questo sia cominciato. Ci sono le salse rosso cupo di cranberries che colorano d’autunno la tavola con il giallo ocra dello squash, il colore brunito delle pumpkin pies e tutte le altre cose buone che si preparano.

Arriva il giorno di festa, ma il cuore che pulsa è quello dell’attesa.

Non basta un tacchino, come da voi non basta un panettone.

 Happy Thanksgiving, and God Bless America!