Caro Gesù Bambino,
per Natale vorrei che mi portassi ancora il trenino, il meccano (numero 5, per favore) e il traforo. Se è troppo, solo il meccano. Alla mia età, può sembrare strano: agli altri che non capiscono, ma non a te che capisci tutto. Sull’uscio troverai, come ai vecchi tempi, latte caldo e biscotti fatti in casa per te e acqua e buon fieno per l’asinello, così potrete ristorarvi un po’ nella fredda santa notte. 

Scrivo direttamente a te, e non a Babbo Natale come ormai fanno quasi tutti, perché sei tu che vieni al mondo e ci fai i doni. Me l’hanno detto quel dì il mio papà e la mia mamma, che l’avevano appreso dai loro genitori, che l’avevano saputo dai nonni, e via risalendo di generazione in generazione, praticamente sino a duemila anni fa. Praticamente sino a te, insomma. Negli anni ho constatato che è proprio vero che sei tu che vieni al mondo e ci porti tanti doni.

Intendiamoci, non ho niente contro Santa Klaus, che poi sarebbe San Nicola: so che lui può aiutarti nella distribuzione dei regali, che però non vengono da lui. Il dono non è roba sua: lui è solo il corriere, tipo Dhl quando acquisti su Amazon. Tanti bambini non lo sanno. Pensa, non sanno neanche che Babbo Natale è un santo tuo amico: credono che sia un anziano, più vecchio del nonno, che lavora in proprio con la slitta e il vestito rosso-Coca Cola da elfo consumista. E così non si rivolgono a te:  ma non è colpa loro. Sono le mamme che non gli spiegano come stanno davvero le cose. I papà, lasciamo perdere.

Da quando ti ho scritto l’ultima volta — urca, quasi sessant’anni fa — il mondo è molto cambiato e tanti vorrebbero far festa, a Natale, senza di te. Che è una roba ben strana: come celebrare un genetliaco escludendo la persona che compie gli anni. Così succede che noi contemporanei non chiediamo più i tuoi doni: pensiamo di poterceli procurare da noi, con la finzione di Babbo Natale, o anche senza: tanto ci sono i centri commerciali aperti a Natale e Santo Stefano, e c’è internet che non chiude mai.  

Però attenzione. Papa Francesco ci ha avvisati: “Se togliamo Gesù, che cosa rimane del Natale? Una festa vuota”. E infatti, caro Gesù Bambino, non so se ne sei al corrente, ma è finita che a molti il Natale senza te, altro che pace: fa paura. C’è chi ha paura dei terroristi e vuole dalla forza pubblica e dai blocchi di cemento armato il dono della sicurezza. Chi ha paura dell’ansia, dello stress e della depressione da festività, e si è già fatto dono di una provvista di pastiglie e di decalogo di consigli dello psicologo on-line. Chi ha paura del colesterolo e dei litigi con la bilancia, e programma di regalarsi orride diete e miracolosi elisir snellenti subito dopo le inevitabili abbuffate coi parenti.

Anche i presepi sono diventati più rari. Soprattutto, pensa che strano, nelle case. Nelle piazze li puoi trovare ancora perché fanno folclore, o perché il sindaco è di destra. Ma tanto nelle case la gente ci sta poco, solo alla sera davanti alla tv. E’ per questo che molti preti rinunciano ormai a portarvi il dono della tua benedizione. Quest’anno è stata introdotta la contromisura: il credente può usare il kit per la benedizione fai da te, con boccetta di acqua santa, pennello-aspersorio e immaginetta con preghiera sul retro. Sai che roba la famiglia religiosamente riunita col kit. Gaber ci avrebbe fatto una canzone delle sue.

Al posto dei presepi, resistono gli alberi addobbati. In verità, anch’essi non senza problemi. A Roma hanno issato uno spelacchio moribondo, a causa, si dice, di un taglio troppo drastico delle radici (mai tagliare le radici!), o di un colpo di sole capitolino dopo i geli trentini. Boh. A Milano invece hanno sequestrato bastimenti di palle e chilometri di luminarie di produzione cinese, tarocche, non a norma e pericolose. Comunque sia, tutti si trovano più a loro agio con l’albero, putacaso spelacchio o senza luminarie, perché sono convinti sia più laico, democratico e multietnico del presepe. Se poi è finto, l’albero, meglio: più rispettoso dell’ambiente. Ingenui e stolti: l’albero di Natale significa invece l’albero del paradiso terrestre, l’albero della vita, il legno della tua croce; il fatto poi che sia un sempreverde indica la tua e nostra vita eterna. Insomma, tu sei riuscito a trasformare il marchingegno della tua esclusione nel segno della tua presenza, che per quanto distratti e smemorati, a dir tutto ignoranti e inconsapevoli, non riusciamo più a togliere del tutto. Eh, sei in gamba tu: ne sai davvero una più del d… ops. Insomma, mi hai capito.

Il fatto è che tu, io lo so per certo, nasci sempre e sei sempre lì pronto a portare i doni a chiunque. Io te l’ho visto fare tante volte, e anche in questi giorni, sotto i miei occhi: ad Arrigo, a Carlotta, a Emanuele.

Arrigo, hai presente, no? L’anziano solo, in miseria e depresso. Due angeli di quelli che cantano gloria in cielo e pace in terra gli hanno trovato un piccolo alloggio, il mobilio e anche l’imbianchino. A Natale avrà in dono anche l’acqua calda corrente. Non dirmi che non sei stato tu.

Carlotta ha 40 anni. Si porta dietro da sempre un tumore inguaribile al cervello: una vita di dolori e di errori, abissali cadute e faticose riprese ed estenuanti ricadute, prostituzione, alcol e droga, un calvario infinito. La coppia di angeli che l’adottò quand’era piccina, e dalla quale lei se ne andò via a 18 anni, l’ha sempre accolta quando lei c’era, attesa quando si allontanava, ha speso il tempo e i risparmi di una vita, con una gratuità senza limiti. Ora, a Natale Carlotta riceve ancora il dono della loro visita in carcere, dove si trova (ingiustamente) per omicidio stradale, e sa che papà e mamma (adottivi) ci saranno sempre per lei. Io lo so che sei stato tu, Gesù, a dare a quella coppia un cuore grande, tanto grande che da sé mai avrebbero potuto darselo.

Emanuele ha 35 anni, vive da solo con il suo handicap e con il suo lavoro protetto, da cui guadagna quanto serve per pagare l’affitto, avanzando sì e no cento euro al mese da far bastare per tutto il resto. E’ omosessuale e non ha amici. Per Natale ha avuto in dono un angelo e tre magi: un’assistente sociale che ci mette l’anima, e tre brave persone con un pacco di aiuti alimentari e l’offerta di una compagnia, se lui vorrà, per la vita. Anche qui si manifesta la tua presenza amica.

Il bello è che angeli e re magi, oggi, sono uomini come lo erano i pastori, semplici di cuore. E’ quanto basta: vedono e riconoscono. Perché al resto ci pensi tu, caro il mio Gesù Bambino. Conviene dunque a tutti noi dar retta a papa Francesco: “Lasciatevi attirare dalla tenerezza di Gesù Bambino, nato povero e fragile in mezzo a noi, per darci il suo amore. Questo è il vero Natale”.

PS. Caro Gesù Bambino, ricordati il meccano. Numero 5, ti prego.