La risposta alle nostre innumerevoli domande

Simeone ha atteso Cristo tutta la vita, una vita affollata di domande alle quali pareva non ci fosse risposta. E invece essa viene, in un Dio bambino. MARCO POZZA

Lo confondono volentieri con uno dei tanti sacerdoti. Il vecchio Simeone, invece, non è per nulla un sacerdote: è un semplice uomo che ha trascorso una vita intera a desiderare Dio: con tutto il suo cuore, l’anima, le forze. Mentre tutto il mondo stazionava in balìa di mosche cocchiere — “Quando Cristo apparì tra gli uomini i criminali regnavano, ubbiditi, sulla terra” (G. Papini) — seppe tener ardente il desiderio d’incrociare il volto di Cristo. Di quel Dio medesimo che, fatti bene tutti i conti, ormai troppi davano in ritardo sulla tabella di marcia. Simeone, invece, aveva il suo discorso già pronto: come di chi, sistemate tutte le valigie e pronto per partire, tiene in mano l’ultimo foglietto, dove ha annotato il suo saluto finale: “Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace“. Dopo avere gustato lo spettacolo per la cui visione aveva vissuto: una coppia d’amanti, con il loro bambino in braccio, sulla soglia del tempio. Pur custodi di Dio, non fanno gli altezzosi con la legge: le tributano rispetto. Per dare loro il benvenuto, ancora gente inaspettata. Le prime, ad adorare il Bambino, furono le bestie: poi vennero i guardiani delle bestie, anticipando di qualche ora i saggi dell’Oriente. Qui, all’ingresso del Tempio, nessun monsignore ad attenderli: due anziani che, cuori infiammati, prendono tra le braccia Dio. Vecchiaia rigenerata, giovinezza resa sapiente: “Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. Detto, fatto: mantenuto.

Una vita di domande senza risposta: vissero così, fino ad allora, Simeone e Anna. Con la domanda più lancinante a trafiggere il loro cuore: arriverà, non arriverà? Che sia tutto una vana attesa di ciò che non accadrà? C’è da credere che Lucifero, mente indaffarata, li abbia tallonati alle calcagna a più non posso. Loro, ai sospetti d’inaffidabilità, risposero con l’innamoramento del cuore: “Siamo certi: un giorno Dio giungerà”. 

Eccolo, il Dio desiderato: così desiderato che, nel frattempo del desiderio, già le loro esistenze avevano mutato i tratti: le stanche braccia del vecchio, per un istante reggono il peso dell’Eterno. Le parole già sulle labbra: “(E’) luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele“. Luce e gloria, in quel pugno di carne così nauseabonda per il mostriciattolo di Erode. Non per loro che, con parole di cuore, fanno impazzire d’imbarazzo due giovani sposi, che “si stupivano delle cose che si dicevano di lui“. Di lei, perché d’un tratto Simeone punta lo sguardo su Maria, profetizzandone nobiltà e trapassi: “Anche a te una spada trafiggerà l’anima“. Detta così, senza arte né parte: un cuore in fiamme allerta un cuore in panne. Parole che le rimarranno in grembo per tutti i giorni a venire: una madre non potrà che venire colpita nel figlio. Nella buon’ora degli inizi, già si staglia la mal’ora della finale. E’ l’ora della compieta.

A quaranta giorni dalla nascita, lo accompagnarono al tempio: seppur Dio, che fosse ligio ai doveri dello stato e della religione. Poi, raggranellati anticipi di futuro, tutti a casa, alla loro città di Nazareth. Qui “il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era sopra di lui” (Lc 2,40). Luca, il medico che ha cura materna dei suoi affezionatissimi lettori, li rassicura d’aver condotto minuziose ricerche sul soggetto in questione. Dopo le visite del caso, dunque, al Cristo bambino firma un certificato di sana e robusta costituzione. L’uomo — del quale, in un giorno di risi e di sollazzi, diranno Ecce homo! — sta adesso nel mezzo, tra la Vergine e il carpentiere. Tra faccende di casa, non nel mutismo della clausura o in quello placido d’una pieve, campò trent’anni. Prese casa “nel bel mezzo d’una tribù, fra i litigi, le gelosie, i piccoli drammi d’una numerosa parentela” (F. Mauriac). Quando risorgerà, in tanti gli riconosceranno la figliolanza con Dio. La vera sfida, però, è l’altra: credere che, in principio, è stato un uomo come me. Nacque che era Dio, uomo lo divenne. A caro prezzo.

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