Vale la pena anche quest’anno fare un giro alla Fiera di Milano durante l’Artigiano in Fiera. La manifestazione non ha bisogno di appelli per incrementare il suo pubblico, che ogni anno accorre già numeroso a comprare i regali di Natale. Il suggerimento è di andarci soprattutto a guardare. Che cosa? Quello che possiamo chiamare l'”ultimo miglio” del lavoro, il punto di contatto più stretto tra creatività e operatività umana. Quello che dalla testa va direttamente alle mani e coinvolge famiglie, piccole comunità chiamate imprese, ancora oggi l’asse portante dell’economia italiana.
Per una volta però è bene cercare di non correre subito al “macro”, al “sistema”. Rimaniamo per un attimo al “micro”, all'”io” chiamato a cambiare un pezzetto di realtà intorno a sé. In epoca di realtà virtuale, il bisogno di toccare, vedere, ascoltare, sentire, annusare non solo rimane intatto, ma aumenta la necessità di sperimentare come tutto questo si trasformi in idea, creazione, costruzione. Per poter alla fine di nuovo convincerci che dal lavoro, dalla sua dignità e umanità bisogna ricominciare per dare una svolta, economica, sociale e anche esistenziale. Ma sempre guardando all’uomo come inizio e come fine di un’attività lavorativa che, per una realtà artigianale ha l’ambizione di essere bella e buona, come recita lo slogan dell’edizione di quest’anno di Artigiano in fiera, come sempre animata da artigiani e prodotti da tutto il mondo.
Perfino la Germania, nota per essere tanto austera, in fiera cambia pelle. Lì ci si può dimenticare dei falchi dell’euro, e incontrare “Blindenhilfswerk Dresden”, un’iniziativa artigianale che impiega professionisti non vedenti nella creazione di spazzole e pennelli di alta qualità fatti interamente a mano con materiali 100% naturali.
Sui prodotti della terra e sulla capacità umana di farla fruttare anche in condizioni difficili si può incontrare “Sunshine agro products”, il progetto originale e bello di un’impresa sociale promossa nel 2007 da una donna ugandese, Pamela Anyoti Peroraci. Il suo marchio Asante Mama coinvolge 10.000 agricoltori nella produzione sostenibile di peperoncino, erbe, spezie culinarie, tisane e cacao, in quel Nordest dell’Uganda sempre a rischio di conflitti etnici.
Dal carcere di Rebibbia proviene invece la birra artigianale prodotta da nove detenuti rimessi in moto da Semi di libertà Onlus nel progetto “Vale la pena”. Un approccio al “fare” in grado di coinvolgere tutti viene anche dall’Asia, come mostrano i bambù utilizzati da lavoratori disabili indonesiani per costruire amplificatori naturali per smartphone (l’idea è stata realizzata dagli spagnoli di Art Javane) o dal China Pavillon, quest’anno incentrato su “One Belt, One Road”, la Nuova Via della Seta disegnata da Pechino e già ben inquadrata dai radar di ArtMondo. Ma niente geopolitica, solo artigianato: anche e soprattutto quando si attraversa il padiglione iraniano (datteri, tappeti e miniature) o ci si ferma davanti alla produzione delle microimprese afghane. E non c’è salto generazionale se anche gli studenti dell’ITS di Inveruno possono presentare esempi artigianali di fashion.
Dire che l’uomo è al centro di un’attività artigianale non significa affermare che essa sia frutto dell’estemporaneità di qualcuno geniale. Il genio creativo va educato anche tramandando le migliori tradizioni alle giovani generazioni e proponendo continuamente nuove soluzioni che utilizzino le tecniche più moderne. Per questo un grande spazio hanno in fiera le scuole. Più di cento corsi sono proposti senza interruzione nel Salone della Creatività sugli argomenti più diversi: decoupage, patchwork, quilting, crochet, tricot, ricamo, scrapbooking, tessuti, filati, perline. Mentre è esposto l’artigianato di oggi si preparano coloro che lo produrranno domani, in un ciclo continuo di innovazione e miglioramento della qualità.
Per questo, alla fine, lo strumento più educativo e formativo è la Fiera stessa. Da ventidue anni infatti milioni di persone visitano l’Artigiano in fiera non solo per comprare, ma anche per lasciarsi colpire, in tutti i cinque sensi, da nuove idee, nuove proposte, nuove soluzioni. Perché questo è da sempre il vero motore dello sviluppo: essere colpiti dalla bellezza e dall’utilità e costruire qualcosa che renda più piacevole e confortevole la vita di tutti.