Tommaso gli disse: “Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo sapere la via?”. Gesù gli rispose: “Io sono la via, la verità e la vita; nessuno viene al Padre se non per mezzo di me”.

Una mia amica è tornata recentemente da un pellegrinaggio a Santiago de Compostela e mi ha raccontato dei tanti incontri fatti lungo il cammino. Parlava di personaggi piacevoli e non piacevoli, persone simpatiche e sospettose, compagnie che rendevano leggera la strada e altre che la appesantivano. Parlava anche di un ferita al piede che ha reso gli ultimi giorni una vera prova. Ma raccontava in chiave positiva di tutti e tutto, perché tutti e tutto facevano parte di questa strada buona, erano parte dell’avventura del cammino.  

Con questo racconto mi ha fatto toccare con mano che cos’è l’Avvento. L’Avvento è l’occasione che l’anno liturgico ci offre di riprendere coscienza che la nostra vita qui sulla terra non serve innanzitutto per mettere su una casa nostra, una rete di circostanze come piacerebbero a noi, ma per farci camminare verso il destino buono per cui nasciamo, verso la casa che ci aspetta.

Quando vediamo la vita come un metter su casa, un luogo dove fermarci a dimorare, diventa decisiva la selezione della compagnia con cui condividere lo spazio, siamo rigorosi ed esigenti nell’escludere o includere le persone che saranno con noi. Tutto diventa misura. Ma quando percepiamo la vita come un cammino, come l’attesa anche faticosa di un arrivo che ci aspetta giù per la strada, allora quello che ci governa è il senso della scoperta delle tappe, piacevoli e non, che abbiamo davanti.

Quando parlo con tanti miei amici malati cerco di condividere con loro la libertà che si vive grazie a quello che l’Avvento ci fa recuperare. Incontrare Cristo, dico loro, è imboccare una strada, “la strada”. Se uno percepisce la vita come un’attesa, un cammino verso una meta di compimento, allora anche quello che ci viene tolto non ci distrugge ma fa parte del nostro muoverci verso il compimento finale, ci fa camminare verso la vittoria.

Mi viene in mente un uomo con moglie e figli che faceva il cuoco in un ristorante. Poi si ammalò di una malattia degenerativa, sua moglie divorziò e lui andò a vivere in una struttura ospedaliera lontana dal suo paese. E’ lì da anni, solo. E un perdente? La stagione di Avvento è la sua e la nostra occasione di accorgersi di non avere perso, di non essere perdenti ma di essere in un cammino di vittoria e trionfo. Perché lui, che ha perso così tanto, può vivere già una vittoria se sa riconoscere anche queste perdite come gli avvenimenti che lo fanno camminare, come un invito fatto da Cristo di mettersi in sequela, eventi che non gli permettano di stare fermo ma lo aiutino ad aprirsi a un di più oltre la sua, oltre la nostra fantasia.

L’Avvento ci aiuta a tornare a vivere. Ci fa alzare lo sguardo dalla tomba della misura e getta una luce che ci tira fuori dall’ombra del possesso per vedere tutto come un passo verso un di più infinito.