Venuti al mondo per fare cosa?

Luce-negata, bellezza-ferita, Dio-rifiutato: la luce, però, non per questo si è fatta oscura, è diventata oscurità. Ha accettato d'essere luce-negata, per salvare l'uomo. MARCO POZZA

Venuti al mondo per dare l’assalto: avventurieri, esploratori, pionieri. Nati, certi giorni, per calare le reti in mare, altri per riparare le reti sulla riva, altri a poggiare lo sguardo sul destino del mondo. Avranno il sale cucito addosso tutti gli amici del Maestro: “Voi siete il sale della terra” (Mt 5,13-16). Nel loro volto brillerà la luce: “Voi siete la luce del mondo”. Sono arnesi — il sale e la luce — che non hanno la veemenza tipica dell’assalto ma tengono la delicatezza di chi si poggia sul bordo delle cose, sul limite del mistero: sul cibo per dare sapore, sulla superficie delle cose per darle fisionomia, spessore. Elementi primi di una vita feriale che a Dio stette tremendamente più a cuore delle vite-esagerate allora in voga. 

Il sale non forza la carne: le si appoggia sopra, quasi chiedendole il permesso d’entrare. La luce non calca la superficie: le bussa tutt’intorno per chiederle se è gradita. Il sale e la luce, come l’uva del vigneto nella stagione del sole: il sole non la tocca nemmeno, eppure guardandosi il grappolo si scopre vino buono. La ricetta-del-gusto è trasparente nei Vangeli: evangelizzare non è aggiungere qualcosa che la creatura non possiede, armati di paura e forza. Parlare di Dio sarà una sfida di tutt’altra fattezza: permettere all’uomo di scoprire ciò che è già dentro di lui. Poggiarsi sull’uomo, lambire la ferita che sanguina, palpare la carne sofferente. Stare sulla soglia, pronti a tutto, capaci d’amare il tutto che accadrà: il massimo del rifiuto, l’inimmaginabile dell’accoglienza. Dio, in breve.

Nella realtà, cum grano salis. Dentro quel dramma-della-carne che per i poveri è l’unico dogma che esista: tutto il resto, anche la più fine teoria, non ha sapore se la carne non ne avverte l’urto di ciò che significa per lei. La vita vera, la vita più misera, è sempre più fascinosa della vita immaginata: dentro la storia Dio si manifesta, sulle nuvole ama dare appuntamento l’Avversario. Forse per questo Cristo, agli amici che volevano andargli dietro, ha detto d’essere luce e sale: si specializzeranno nel fare emergere ciò che già esiste, nel risvegliare il gusto delle cose, nel dare una forma all’amore-ottenebrato, nel prestare voce a chi voce non ha. Con quel modo di fare modesto che è della madre: in attesa, bussando. 

Come ha fatto Lui, così faranno loro: “La luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie” (Gv 3,19). Luce-negata, bellezza-ferita, Dio-rifiutato: la luce, però, non per questo si è fatta oscura, è diventata oscurità. Ha accettato d’essere luce-negata, tanto “non può restare nascosta una città che sta sopra un monte”. 

Non può, dice Cristo: che ognuno rimanga desto al suo posto, che ciascuno s’attacchi alla missione per la quale è nato: il sale per insaporire, la luce per illuminare, la barca per non addormentarsi nel porto. Che ognuno, nel giorno decisivo, si faccia trovare pronto nella sua postazione-d’attacco: esserci sarà salvarsi, distrarsi perdersi. Con l’amarezza d’aver sprecato un’avventura: “A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente”.

Sopra un monte, sul candelabro, bene in vista: saporiti. Che s’accorgano tutti cos’è l’amicizia con Dio. Felice destino quello dei cristiani: combattuti, arsi, minacciati. Crocifissi e derisi: beati voi! Gli infelici saranno tutti gli altri: quelli che nessuno contesta, coloro dei quali nessuno s’accorge, i volti di chi cerca degli amici occasionali. I primi arsi vivi sulle graticole, i secondi ignorati: mentre la carne dei primi arderà, i secondi s’intestardiranno a domandarsi come mai loro, invece, non danno problemi a nessuno. Non infastidiscono il principe-fastidioso: il che, a ben pensarci, rattrista assai dal momento che il vivere non è mai costato così tanto come il vivere-male. Il morire accorgendosi di non aver vissuto: lampade sotto il moggio, sale senza sapore. Infedeli a Dio: “Che vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli”. Vi guardino per scrutare Lui da vicino: il Creatore nella creatura, il Tutto nel frammento, Dio nell’uomo. Il sale e la luce: il primo, per dare sapore, brucia. La seconda, per far luce, smaschera: nella ferita “si nasconde, clandestinamente, la perla della nostra salvezza” (P. d’Ors). Anche della differenza cristiana: diversamente-uomini.

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