Il destino del polo Ieo-Monzino. Quello della Città della Salute. La candidatura di Milano a ospitare l’Agenzia europea del farmaco (Ema), in partenza da Londra dopo Brexit. Quante scadenze, quante opportunità, quante incognite nel futuro della sanità milanese-lombarda. Quanti attori, quanti decisori.
Saranno le grandi banche della City meneghina (UniCredit, Mediobanca e Intesa Sanpaolo) a esprimere la valutazione ultima dell’offerta congiunta dei gruppi Rocca e Rotelli per il polo Ieo-Monzino. Una proposta annunciata come due volte amichevole. I due big della sanità privata (Humanitas e Policlinico San Donato-San Raffaele) hanno rinunciato a scendere in campo l’uno contro l’altro per la conquista dell’intero centro guidato fino a pochi mesi da da Umberto Veronesi. Allo Ieo viene proposto l’aggancio all’Humanitas nell’oncologico; il Monzino verrebbe invece calamitato dal San Donato nel cardiologico.
Due ospedali-campus (a fianco delle due facoltà mediche statali di Milano), due progetti d’impresa con ambizioni d’eccellenza già realizzate nell’healthcare e con forti potenziali di crescita nella ricerca biomedica. Due realtà milanesi maturate nel laboratorio pionieristico della sanità lombarda, rimodellata dalla concorrenza sussidiaria fra pubblico e privato. “Servizio alla persona”, cioè alta qualità sostanziale erogata al cittadino (lombardo ma anche di altre regioni italiane) rimettendo a fattor comune strategico strutture pubbliche e ospedalità privata sotto la cabina di regia dell’amministrazione locale, in un quadro di compatibilità finanziaria: questo il policy mix che ha prodotto il “modello lombardo”, che ha mostrato efficienza e competitività sia nella rete territoriale dell’assistenza di base che nel network specialistico.
Sulla medesima traiettoria di lungo periodo era stata messa sui sbinari la Città della Salute nell’ex area Falck di Sesto San Giovanni. “Milanosesto” è stata pensata ospitare la rilocalizzazione di due strutture di punta della sanità pubblica: l’Istituto Neurologico Besta e l’Istituto dei Tumori. L’appalto da 450 milioni, avviato nel 2014 dalla Regione Lombardia è stato fermato dal Consiglio di Stato. I magistrati amministrativi hanno accolto un ricorso di Impregilo contro Salini: prima classificata, quest’ultima, di una gara in cui era stata mantenuta Maltauro, pur coinvolta in un’inchiesta per turbativa d’asta riguardante proprio la Città della Salute. Il governatore lombardo Roberto Maroni parla di semplice “intoppo” e promette di “tirare dritto”: esattamente come aveva fatto dopo l’incidente-Maltauro. Certamente “l’intoppo” – per quanto amministrativo e non penale, urbanistico non sanitario – è destinato a ritardare l’apertura dei cantieri.
E’ stato, appena un paio d’anni fa, il rischio corso dell’Expo 2015. Che invece ha potuto svolgersi regolarmente: non da ultimo per gli affidavit del presidente dell’Anac Raffaele Cantone sugli appalti. Ora l’Esposizione universale è uno dei biglietti da visita che Milano può esibire per sostenere la sua candidatura a nuova sede dell’Agenzia europea del farrmaco. Dopo l’esito del referendum britannico l’Italia si è fatta avanti con Austria, Danimarca, Irlanda, Italia, Olanda, Portogallo, Svezia e Ungheria. La candidatura, già formalizzata, è “di squadra”: firmata da Governo, Regione Lombardia e Comune. Milano – dicono – ha più di una chance di giocarsi l’Ema in un ballottaggio finale (con Vienna, Stoccolma, Amsterdam o Copenaghen). Il rating del capoluogo lombardo – in termini di infrastrutture e prestigio – era considerato competitivo anche per accogliere sul continente dell’Eba, l’authority comunitaria delle banche. Che però sembra riservata a un duello fra due pesi massimi della Ue: Parigi (favorita) e Francoforte. Del resto non è certo un gran momento per le banche italiane (anche se quelle di Milano si difendono).
Continua a essere un buon momento per la sanità lombarda. Il ministro per la Salute, Lorenzin, ha promesso investimenti per 56 milioni se l’Ema arriverà a Milano. Ma per vincere – esattamente come avvenne per l’Expo concepito da Letizia Moratti e poi realizzato da Giuseppe Sala – è Milano che deve investire su se stessa. Deve continuare a credere sul suo modello di sanità. Che funziona e bene.