Una scelta del popolo

<!-- p.p1 {margin: 0.0px 0.0px 0.0px 0.0px; text-align: justify; font: 12.0px 'Times New Roman'; -webkit-text-stroke: #000000} span.s1 {font-kerning: none} --> In Catalogna si avvicinano le elezioni anticipate, che porteranno a un probabile rinvio del referendum previsto sull’indipendenza dalla Spagna. Il punto di FERNANDO DE HARO

A Vic il cameriere serve il caffè e con un sorriso cordiale ti dice, senza che tu gli abbia chiesto nulla: “Vogliamo decidere noi sulla nostra indipendenza, ci lascino votare”. La conversazione prosegue, serena. Il cameriere vuole spiegarsi. Vic è il centro, il cuore del separatismo catalano. Ora il sacro, più che nella cattedrale, sta nelle strade, nella piazza centrale: da molti balconi pende la bandiera indipendentista. Vicino sono state scritte parole sacre: l’indipendenza è libertà, l’indipendenza è la felicità, l’indipendenza è…

Il cameriere di Vic andrà presto a votare, ma non sull’indipendenza della Catalogna, bensì per scegliere i rappresentati del Parlamento autonomo. Per la quarta volta negli ultimi sette anni, infatti, in Catalogna ci saranno elezioni anticipate. Salvo sorprese dell’ultimo momento, il referendum con cui il Governo catalano sfiderà di nuovo la Corte costituzionale non si terrà. Questa volta non ci sarà una votazione come nel 2014. Il Governo Rajoy vuole essere rigido, ma proporzionato: non vuole usare gli strumenti estremi che gli attribuisce la Costituzione. E, sempre salvo sorprese dell’ultimo momento, l’indipendentismo accetterà pacificamente e tranquillamente la sospensione del referendum convocato (si è programmato di tenerlo a settembre). 

Non sembra esserci modo di sbloccare la situazione di paralisi in cui si trova il Governo catalano, costretto a scendere a patti con gli anti-sistema di Candidatura di Unità Popolare, ma con cui è impossibile andare avanti. Quando il referendum verrà sospeso forse ci saranno manifestazioni e proteste, ma è improbabile che assumano carattere violento.

Rispetto al ritorno alle urne, i sondaggi dicono che ci sono due Catalogne (quella spagnola e quella che vuole l’indipendenza) praticamente della stessa dimensione. Negli ultimi mesi, gli unionisti sono davanti ai separatisti di un punto percentuale. Una vasta maggioranza di catalani è in favore di un referendum – come il cameriere di Vic -, ma solo il 35-37% ritiene lo si possa fare senza un accordo con Madrid. Il referendum che i catalani vogliono è impossibile, perché contrario alla Costituzione spagnola.

La stragrande maggioranza dei catalani vuole decidere come gli scozzesi. Ma il Presidente del Governo catalano, Artur Mas, nel 2010 ha accelerato un processo di secessione per nulla scozzese. E lo ha fatto principalmente per risolvere i problemi economici di un Governo incapace di amministrare e che doveva tamponare i problemi di corruzione che stanno venendo a galla. Gli errori del Governo di Rajoy hanno fatto gonfiare il bubbone, perché Madrid è stata assente per anni dalla Catalogna, incapace di spiegare i vantaggi di continuare a essere spagnoli. Il fervore indipendentista ha quindi raggiunto il suo picco nel 2014, poi ha cominciato a calare. Ora ci si è resi conto che il processo di separazione sarebbe contrario alla legge.

La lontananza dal modello scozzese è cresciuta nelle ultime settimane. Le stesse istituzioni catalane hanno detto al Governo della Catalogna che è andato troppo oltre e che si sta agendo contro la legge. I “catalani scozzesi” sono stati sorpresi dalla modifica del regolamento del Parlamento, voluta dai separatisti, che nella folle corsa verso il referendum abolisce le garanzie minime democratiche. Il tutto mentre i tribunali portano alla luce una corruzione sistemica del partito che guida il fronte indipendentista.

Le prossime elezioni mostreranno la punizione che i catalani del modello scozzese vorranno dare all’indipendentismo senza freni. È possibile che la maggioranza indipendentista perda forza, ma al momento continuano a esistere due Catalogne alla pari, quella che vuole essere spagnola e quella che se ne vuole andare. È impensabile mantenere questa situazione in eterno. Una volta che si sia rispettata la legge bisognerà fare politica seriamente, quella politica che il Governo di Madrid non ha fatto per anni. E la politica seria include pedagogia, offerte generose e creative (il modello di finanziamento è un buono strumento). 

Se la disaffezione aumenta, il limite è il rispetto del popolo sovrano, il popolo spagnolo. Ma la sovranità del popolo spagnolo è anche un’opportunità, come lo è stata in Canada, dove sono state poste chiare condizioni per un referendum sulla secessione del Quebec, attraverso la cosiddetta Legge di chiarezza. Questa non può essere la soluzione (richiede una riforma costituzionale), ma ci può andare vicino.  In definitiva, tutti gli spagnoli, attraverso i loro rappresentanti, possono far sì che il cameriere di Vic possa scegliere. Forse allora decidere potrebbe essere qualcosa di meno sacro.

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