Non è un viaggio scontato quello che il Papa si appresta fare a Milano questo sabato. Non è stato scontato nell’approccio, in quanto preceduto da due rinvii (è ben noto quanto a Bergoglio siano più congeniali le rotte verso sud rispetto a quelle verso nord). Non è scontato nel programma della visita che Francesco ha scelto: prima tappa in uno dei contesti della periferia più abbandonata, alle Case Bianche di via Salomone; incontro e pranzo con i detenuti e il personale di sorveglianza a San Vittore. Unica tappa in centro l’incontro in Duomo con i sacerdoti e l’Angelus sulla piazza. Nessun appuntamento con la “nomenklatura” della città.
C’è da pensare che la Milano che piace e si piace, quella che va orgogliosa per essere una felice eccezione in un’Italia depressa, non interessi più di tanto a Francesco. C’è in effetti una sensazione di distanza tra il papa e quella Milano. Ci auguriamo che la visita smentisca questa sensazione, ma allo stato delle cose è difficile nascondersela. O forse quello che c’è da augurarsi è che la visita diventi un’occasione per Milano per capire cosa non torna in questa sua stagione di ripresa.
Intendiamoci. Ci sono tanti aspetti di Milano che risulteranno congeniali al Papa. La città che ha saputo costruire un modello di accoglienza. La città che è riuscita ad integrare una popolazione straniera che raggiunge quasi il 20%. La città moderna che però custodisce ancora una dimensione di popolo, come dimostrerà in occasione della messa al parco di Monza (dove canterà uno dei più grandi cori di sempre, composto da 900 persone). La città dei volontari che sanno coniugare solidarietà e innovazione.
Ma a fianco di questa Milano ce n’è un’altra che in questi anni ha conquistato potere, spazi fisici e ha segnato anche il profilo umano delle persone. È la città che è stata scelta come piattaforma ideale per tante imprese globali che qui hanno portato i loro quartieri generali, come ha giustamente fatto notare Aldo Bonomi. Attorno a questo fenomeno che ha occupato tantissimi spazi nel cuore della città si è aggregata una ricchezza impermeabile a qualsiasi contaminazione con la città, tolte le solite, smaccate operazioni di marketing.
Sono soldi che alimentano circuiti finanziari e creano poco lavoro. E quando lo creano dettano condizioni che spesso non è esagerato definire servili (come altro definire ad esempio i nuovi servizi di consegna del cibo pronto, spacciati per forme di sharing economy…). Le ricadute dal punto di vista umano e sociologico sono quelle che hanno fatto di Milano la città in Europa con il record di nuclei single, perché logiche competitive spingono all’individualismo, e stipendi inadeguati rendono complicato qualsiasi progetto di vita.
Così la città si popola di un nuovo proletariato da terzo millennio, relegato in una dimensione di povertà che non è più semplicemente economica ma umana. Non si nega che la nuova Milano abbia un volto smagliante, attrattivo e anche funzionale. Ma il rischio è quello di veder crescere una super città che sovrasta con il suo modello la città reale.
È questa super città che il Papa giustamente ha voluto scansare per sollecitare invece l’orgoglio e la coscienza della città reale. Il 25 marzo giorno del suo viaggio è un giorno storicamente importante per Milano. Infatti negli anni dispari, da oltre cinque secoli, si celebra la “festa del Perdono”. È una sorta di Giubileo che il Papa aveva concesso alla città per favorire le donazioni alla Ca’ Granda, il primo ospedale concepito in maniera moderna, che aveva messo al centro la dignità dei pazienti e che curava tutti, ricchi e poveri senza differenze. Fu il primo ospedale, che grazie alle grandi e continue donazioni ricevute, si è dotata di veri servizi igienici (grazie ad un sistema di canalizzazione delle acque nere), di letti individuali, di sistemi di refrigerazione estiva.
Era una città con una cultura della ricchezza che aveva come orizzonte il bene comune. Ed era una città il cui genio aveva saputo inventare una festa come la “festa del Perdono”. Grazie al Papa questa Milano sabato farà sentire le sue ragioni alla nuova Milano globale e rampante.